Monache di clausura e esenzione dal pagamento del ticket.
Franco Capanna
Una criticità rilevata da un ex sindacalista della Cisl, Franco Capanna, che ha scritto al Ministero della Salute evidenziando:
“l’illegittimità di tale pagamento certo dovuto ad una mancata clausola a protezione di questa categoria che, prive di reddito, non possono definirsi disoccupate. Dire ad una monaca di clausura ‘disoccupata’ è termine non conciliabile né accettabile l’iscrizione all’Ufficio impiego”. Quindi la risposta da parte del Ministero resa nota dallo stesso Capanna:
“Egregio dott. Capanna ex sindacalista Cisl la ringrazio per la segnalazione di una criticità peraltro già nota allo scrivente ministero. Nell’ambito della scrivente direzione, in particolare, è stato avviato un processo di revisione dell’intero processo di partecipazione al costo delle prestazioni sanitarie e delle esenzioni che tiene conto della maggiore criticità rivelate anche grazie alle segnalazioni come le sue. Si assicura che si terrà conto della specificità delle singole condizioni di esenzione e si cercherà di tutelare gli assistiti che appartengono alle categorie più svantaggiate”. Intanto l’ex sindacalista ha acceso una convenzione con l’Ordine dei Medici di Teramo che da tempo offre visite specialistiche gratis a monache di clausura prive di reddito che vivono in precarietà economica e dunque di elemosine, mentre a Trieste l’Ordine dei Medici promette “assistenza gratuita alle religiose laddove sussistono criticità”.
L'ex sindacalista della Cisl, Franco Capanna, si è ispirato per questa campagna e in generale per tutto il lavoro in CISL a favore di ogni categoria sociale in difficoltà, alla figura di sua moglie Pierina Masi di Nereto, che per virtù eroiche monsignor Michele Seccia la candidava al processo diocesano di beatificazione nel 2010.
Di Lei il Bollettino Salesiano di Roma del Giugno 2005 scriveva:
Un esempio di bontà. Tra tanta cronaca nera che sempre più dilata gli spazi della sfiducia e del pessimismo, vogliamo indicare ai lettori un esempio di vita profondamente cristiana, interpretata da una donna umile e semplice.
Si tratta della vicenda di Pierina Masi.
Di famiglia contadina, Pierina Masi era una bambina fornita delle antiche virtù della sua gente: laboriosità, bontà, pazienza, genuinità, fede, fedeltà… merce ormai quasi scomparsa dal “mercato”.
La domenica sempre a messa: partiva da casa a piedi, a metà strada passava a “raccogliere” i nonni e poi, assieme, in chiesa. Due chilometri per due gambe di bambina non sono pochi, ma lei sembrava non sentirli, sempre puntuale, estate o inverno, per compiere i suoi doveri religiosi. Così è cresciuta e così è rimasta: semplice nel tratto, forte nella fede, ardente nella carità.A suo tempo si sposò e divenne mamma. E le sue virtù già solide s’irrobustirono ancora. Al contrario, la salute sembrava incominciare il percorso inverso.
Ma la sua preoccupazione più che al corpo badava all’anima. Leggeva molto, quasi tutte riviste religiose e agiografie: l’esempio dei santi la spronava all’imitazione. Ammirava Padre Pio e quando poteva recarsi a San Giovanni Rotondo l’emozione era forte e duratura. Anche lei fu una di quelle anime delicate che riusciva ad avvertire la presenza del santo attraverso un profumo intensissimo.
Era una donna di preghiera, anzi, quasi una contemplativa, nonostante il gran daffare: per il marito e il figlio che amava teneramente e serviva, attenta ai minimi dettagli; per la casa che richiedeva tempo e impegno; per il lavoro – faceva la sarta – che richiedeva professionalità e concentrazione.
Non dimenticò mai la preghiera che era il suo principale nutrimento. Pregava così intensamente che spesso sembrava in estasi: “Mi pareva che una strana luce diffondesse la sua persona”, testimonia commosso il marito.
Pregava per l’umanità sofferente, come lei stessa confidò. S’era costruita una minuscola cappellina dentro casa, che divenne il luogo più amato e curato.
Il tumore al seno fu l’annuncio di un travaglio che non terminerà se non con la morte. Anche questo periodo ella visse come una vera cristiana sa vivere la malattia.
Una delle tappe della sua vita fu Medjugorie. Là Pierina ebbe un soprassalto del male. Era l’annuncio della fine.
Tornata nella sua Nereto, infatti, morì il 3 gennaio 2004.
“Ella è esempio, scrive il suo parroco, per tutte le mamme della nostra epoca”. Poche come lei hanno saputo coniugare, armonizzandoli mirabilmente, i propri doveri di sarta con quelli di moglie, di madre e di donna di fede. Questo capolavoro le riuscì così bene che merita di essere ricordata come esempio di santità feriale, quella santità non appariscente che tuttavia crea eroine, sconosciute agli occhi del mondo, ma grandi agli occhi di Dio.
E sono molte le persone che ringraziano Dio per aver conosciuto Pierina.