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La voce dei lettori

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29/10/2012Crisi

Simonetta Delle Donne

Tutti si chiedono quando finirà questa catastrofica crisi economica che ci condiziona e ci costringe a cambiamenti profondi: i più scettici non vedono alcuna via d’uscita, mentre i più saggi si interrogano sul prezzo da pagare!
In un mondo in cui tutto è più caro, perché siamo tutti più poveri; in cui è sempre più difficile fare tutto, perché tutto costa; sarà più arduo addirittura nascere: sembra che nel 2011 ci siano stati ben 15.000 non nati – mai concepiti - in meno nell’intera penisola.

Sabato 20 ottobre u.s. presso la sala della circoscrizione del Centro Storico, il prof. Vittorio Filippi, docente di Sociologia dei consumi all’Università UISVE di Venezia, invitato dal Comune di Modena, ha commentato alcuni fenomeni sociali con l’intento di stimolare i presenti a vedere “il bicchiere mezzo pieno” per affrontare il presente con maggiore consapevolezza.
“Ci siamo lasciati alle spalle la festa del consumo e dell’abbondanza, la cultura del consumo-dunque-sono, la teoria delle aspettative crescenti!”
La penuria di denaro ha infranto miti secolari oggi proibitivi: es. l’automobile, che non è più lo status symbol del passato, infatti sono crollate le vendite del 20%!

Ma, come dice il proverbio, “non tutto il male viene per nuocere”, e il docente ha sollecitato il pubblico in sala a raccogliere la sfida e a considerare la crisi attuale quale opportunità per fare verifiche e “riposizionarsi” con ragionato spirito di adattamento!
D’altronde abbiamo più tempo per farlo, come abbiamo più tempo per coltivare relazioni umane, sebbene tanti - per evitare fatiche e delusioni – continuino a cercare gratificazioni fittizie mediante facebook (cioè nascondendosi) o facendo shopping (cioè fuggendo)!

Viviamo in un’epoca difficile e, volenti o nolenti, dobbiamo imparare a fare sacrifici, a convivere con una crisi che muta il nostro rapporto con gli oggetti e col denaro, ci costringe a scegliere, riduce la nostra libertà di spesa, insegna la sobrietà e l’essenzialità e soprattutto “ruba sogni e speranze” alle nuove generazioni.

Infatti, privati di futuro, i giovani (under 30) saranno gli adulti “feriti e spaventati” del domani: cercheranno tutele e garanzie, non investiranno e difficilmente intraprenderanno lavori autonomi, quasi come i Tedeschi che, spaventati e schiacciati dal passato, non riescono a dimenticare la crisi della Repubblica di Weimar, che sfociò nel nazismo, e si comportano come “feroci cani da guardia”!

È molto importante che i giovani imparino a convivere con questa crisi, perché non ne conosciamo la durata, ma senz’altro tecnologia e scienza regalano a ognuno di loro circa 30 anni di vita in più: infatti, sarà sempre più pesante il segmento dei “grandi anziani” (over 85)!
Proprio nella “quinta età” si registrano novità importanti, che hanno conseguenze su tutta la popolazione, non solo in termini di spesa sociale e sanitaria!

Il Prof. Filippi preferisce chiamare il fenomeno “giovanilismo”,  c’è chi usa la parola “amortalità”, chi invece chiama i soggetti interessati “anziani senza età”, perché all’eccezionale longevità dei soggetti (che sarà la norma nei prossimi decenni) si unisce un comportamento tipico di un'altra fascia di età e questo anche – e soprattutto -  per ciò che riguarda la gestione del potere, in ogni ambito, perciò riducendo  - drammaticamente - lo spazio delle generazioni successive.