Nome: MICHELE
Nato a Torino il 9 giugno 1837, Michele ancora fanciullo incontrò Don Bosco il quale con un gesto simbolico gli preannunciò che nella vita avrebbe fatto a metà con lui. Nel 1855 emise i primi voti; ancora suddiacono, fu scelto come direttore spirituale della nascente Congregazione. Su esplicita richiesta del Fondatore, nel 1884 Leone XIII lo destinò a succedere a Don Bosco e lo riconfermò Rettor Maggiore nel 1888. Ritenuto “Regola vivente” per la sua austera fedeltà , don Rua mostrò una paternità piena di delicatezze, tanto da essere definito “un sovrano della bontà ”. Con l’aumento dei confratelli e lo sviluppo delle opere, inviò i Salesiani in tutto il mondo, curando in particolare le spedizioni missionarie.
Manifestò fedeltà creativa alle aspirazioni e iniziative apostoliche del Fondatore; ne assunse l’attraente paternità ; ne sviluppò le opere, prolungandone l’ardore apostolico a favore dei giovani, e ambientandole alle mutate situazioni sociali. Durante i 22 anni del suo Rettorato compì numerosi viaggi per consolidare e sostenere il lavoro dei Confratelli, frequentemente incoraggiati dalle sue numerose Lettere circolari e personali che costituiscono un’interpretazione autorevole dello spirito del Fondatore.
Quando morì, il 6 aprile 1910, a 73 anni, la Società Salesiana era passata da 773 a 4000 salesiani, da 57 a 345 Case, da 6 a 34 Ispettorie in 33 paesi. Beatificandolo, il 29 ottobre 1972, Paolo VI affermò: “La Famiglia Salesiana ha avuto in don Bosco l’origine, in don Rua la continuità … Egli ha fatto dell’esempio del santo una scuola, della sua Regola uno spirito, della sua santità un modello; ha fatto della sorgente un fiume”. La sua salma si venera nella cripta della Basilica di Maria Ausiliatrice a Torino.Il beato Michele Rua è un esempio di pietà , di lavoro e temperanza, e di amore ai giovani, un fedele continuatore di S. Giovanni Bosco, una guida responsabile di una Famiglia religiosa in rapida espansione.
Nome: ERMELINDA, LINDA
Dal germanico Irmin, “potente”, e linta, “(scudo di) tiglio”. In tedesco Ermelindis. Santa Ermelinda nacque verso il 510 a Lovenjoel, nel Brabante, Belgio, in una nobile famiglia. La versione più antica della Vita Ermelindis è quella del ms.7917 della Biblioteca Reale di Bruxelles, del XV sec., in cui si riprende un racconto più antico, forse del sec.XI, nel quale l’autore cerca di descrivere una solitaria perfetta: Ermelinda si taglia i capelli, vive ritirata nei suoi possedimenti, si è votata alla verginità , alla pover-tà e al servizio di Dio. La sua vocazione si dovette manifestare ben presto: ancor fanciulla, infatti, rifiutò il matrimonio.
I suoi parenti erano ricchi e le diedero la villa Odenca, ma ella cercava l’isolamento e presto abbandonò questo luogo, per fermarsi all’attuale villaggio di Beauvechain; qui si diede interamente alle pratiche religiose, frequentando la chiesa nel cuore della notte e a piedi nudi. Dovette resistere ai signori del luogo, due fratelli che tentarono di sedurla. D’accordo col custode essi dovevano venire a prelevarla durante le sue preghiere, ma, pervenuta da un angelo Ermelinda riuscì a fuggire e partì per Meldert. Qui visse a lungo e morì nel 590 e qui fu sepolta.
Ermelinda fu venerata a Tirlemont e a Meldert. A Lovenjoul sgorga una sorgente d’acqua, ritenuta miracolosa per la cura degli occhi, chiamata “di S. Ermelinda”, che irrigherebbe le terre appa-tenute ai suoi parenti: nel 1857 su di essa fu edificata una cappella. A Meldert il culto di Ermelinda era molto popolare. Esiste ancora la confraternita dedicata a Santa Ermelinda, ma il culto della santa, già così prospero, si limita oggi alla popolazione locale.
Nome: NARCISO
Nella mitologia pagana, Narciso era stato l’infelice giovinetto che, per la sua bellezza, si era innamorato di se stesso, morendo in una polla d’acqua che, come uno specchio, rifletteva la sua immagine. Il mitologico Narciso è dunque simbolo di amore sterile ed egoista, e di bellezza inutile e senz’anima. Ben diversa, anzi opposta, è la figura del Santo ricordato il 29 ottobre. San Narciso visse lungamente, e proprio nell’estrema vecchiaia seppe conquistarsi fama e affetto; è immagine della vecchiaia spiritualmente vigorosa, nella salute del corpo e della mente. Egli fu il trentesimo Vescovo di Gerusalemme, ma non fu di origine israelita. Era sicuramente gentile, nato verso il 96, quando a Gerusalemme erano ancora fresche le rovine della distruzione di Tito. Per quasi un secolo egli vide la città di David faticosamente risorgere e ripopolarsi, ospitando, accanto agli Ebrei, una vasta comunità cristiana. Aveva quasi cent’anni quando fu eletto Vescovo di Gerusalemme, per i suoi meriti non tanto di età quanto di virtù.
Nonostante gli anni, fu Vescovo attivo, e presiedé un concilio nel quale fu deciso che la festività della Pasqua dovesse cadere sempre di domenica. E fu anche Vescovo energico, tanto da attirarsi l’odio dei corrotti e dei disonesti, i quali si sentirono minacciati dalla sua severità . Per difendersi, pensarono di attaccare, spargendo una terribile calunnia sul conto del vecchissimo Vescovo. Per evitare ogni scandalo il vecchio Vescovo, benché innocente, preferì lasciare la città . Gli spergiuri, uno ad uno, furono colpiti da terribili castighi, finché qualcuno rivelò la menzogna. Tutti pensavano però che il Vescovo, ormai riabilitato, fosse morto nel frattempo, perciò un altro fu eletto a succedergli, e dopo di questo, un altro ancora. Alla morte del secondo, San Narciso ricomparve a Gerusalemme, e i fedeli lo riportarono con grande onore sulla Cattedra vescovile. Vi restò ancora molti anni, prendendosi però un coadiutore, il primo nella storia dell’episcopato. “Narciso vi saluta, - si legge in una lettera del coadiutore -. Ha compiuto centosedici anni, e vi esorta, come me, a mantenere la concordia”.