Nome: IRENE
Sono più d’una, nei calendari, le Sante con il nome di Irene. Nome bello nel suono e nel significato, perché deriva dalla parola greca che significa “pace”. La Santa Irene ricordata il 20 ottobre è una delle più note, grazie soprattutto a una leggenda che ha incontrato grande popolarità in molti paesi. Narra dunque come Irene, nata nel Portogallo sulla metà del VI secolo, fosse religiosa in un monastero di vergini consacrate a Dio. Benché modesta e pudica, ella spiccava tra le consorelle per la sua eccezionale bellezza di lineamenti. Si innamorò di lei un giovane signore, che più volte la chiese in sposa. Irene gli fece capire come ciò fosse impossibile, e non per sprezzo o antipatia, ma per restare fedele a un impegno più alto. Al rifiuto il giovane si afflisse tanto da ridursi gravemente ammalato.
Spronata dalla carità , Irene si recò a visitarlo, e lo consolò con parole così ispirate da far presto guarire l’innamorato giovane. Ma la leggenda non finì lì. Un religioso indegno, turbato dalla bellezza di Irene, tentò di corrompere la giovane, sua penitente. Non riuscendovi, egli si vendicò atrocemente. Diede alla fanciulla una misteriosa bevanda, e poco dopo Irene mostrò i segni di una prossima maternità . Lo scandalo dilagò. Lo seppe anche il primo pretendente, il quale, si ritenne odiosamente beffato. Mandò perciò un sicario per punire la donna. Il sicario recise con la spada la testa di Irene, poi ne gettò il corpo nelle acque di un fiume. La corrente portò il corpo di Irene fino al Tago, poi lo fece arenare presso la città di Scalabis; dove viveva un Abate, zio della fanciulla. Avvertito in visione dell’accaduto, l’Abate si recò in processione a raccogliere le spoglie dell’uccisa, martire innocente. La sua vicenda commosse l’intera città , tanto che da allora venne chiamata, non più Scalabis, ma Santarèm, cioè “Sant’Irene”.
Nome: MARIA
Santa Maria Bertilla Boscardin nacque a Brendola (Vicenza) il 6 ottobre 1888 con il nome di Anna Francesca, da modesti agricoltori. Timida, impacciata, e di poco (apparente) valore, sempre all’ultimo posto, ma prediletta da Gesù. Scolaretta la consideravano un po’ tarda di mente finché un giorno della settimana santa l’insegnante narrò la passione di Gesù, e lei Annetta scoppiò in un pianto sconsolato: “Piango per quello che ha patito il Signore”. Il parroco l’ammise presto alla 1° comunione. Mostrò grande amore al catechismo che portava sempre con sé. Glielo troveranno nella tasca dell’abito quando morrà . Entrata in convento andava dalla maestra a chiedere con disarmante umiltà : “Io non sono buona a nulla. Sono un povero oco. Mi insegni come devo fare. Voglio farmi santa”. Fu destinata all’ospedale di Treviso, ambiente difficile, teatro di lotte sindacali e politiche; poi fu mandata a Vicenza; e quindi richiamata a Treviso nel reparto dei bambini contagiosi. “Solo lei riusciva ad annunciare ai genitori la morte del loro bimbo” dicevano i medici. Tutto ciò crebbe di intensità durante la prima guerra mondiale, e seguì malati e feriti nei forzati sfolla-menti. Subì incomprensione e ostilità , ma la sua competenza, il suo coraggio, la sua carità si imposero all’ammirazione del personale sanitario, come la sua bontà sollevava i degenti.
Quando, colpita da male incurabile, se ne moriva nella sua stanzetta, fu un accorrere di primari, medici, infermieri. Il dott. Z.M. che la vide morire testimoniò: “L’alba della mia conversione inizia al vedere Sr. Bertilla morire: serenità , gioia”. L’umile suorina che avevano sempre definito “un povero oco”, attirava con sé nella fede anche gli uomini di scienza. Morì in seguito ad inter-vento chirurgico il 20 ottobre 1922 a 34 anni. E’ ricordata il 20 ottobre.