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Omelia della XIII domenica durante l anno B - 28 giugno 2015

di Don Ferdinando Colombo

 

 

Omelia della XIII domenica per anno B

Bologna, Santuario del Sacro Cuore, ore 8 del 28 giugno 2015

 

 

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GUARIGIONE DELL'EMORROISSA E RISURREZIONE DELLA FIGLIA DI GIÀIRO

 

+ Dal Vangelo secondo Marco 5,21-43

In quel tempo, essendo Gesù passato di nuovo in barca all’altra riva, gli si radunò attorno molta folla ed egli stava lungo il mare. E venne uno dei capi della sinagoga, di nome Giàiro, il quale, come lo vide, gli si gettò ai piedi e lo supplicò con insistenza: «La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva». Andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno.

Ora una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza alcun vantaggio, anzi piuttosto peggiorando, udito parlare di Gesù, venne tra la folla e da dietro toccò il suo mantello. Diceva infatti: «Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata». E subito le si fermò il flusso di sangue e sentì nel suo corpo che era guarita dal male.

E subito Gesù, essendosi reso conto della forza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: «Chi ha toccato le mie vesti?». I suoi discepoli gli dissero: «Tu vedi la folla che si stringe intorno a te e dici: “Chi mi ha toccato?”». Egli guardava attorno, per vedere colei che aveva fatto questo. E la donna, impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità. Ed egli le disse: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male».

Stava ancora parlando, quando dalla casa del capo della sinagoga vennero a dire: «Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?». Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: «Non temere, soltanto abbi fede!». E non permise a nessuno di seguirlo, fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo.

Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava forte. Entrato, disse loro: «Perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme». E lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della bambina e quelli che erano con lui ed entrò dove era la bambina. Prese la mano della bambina e le disse: «Talità kum», che significa: «Fanciulla, io ti dico: àlzati!». E subito la fanciulla si alzò e camminava; aveva infatti dodici anni. Essi furono presi da grande stupore. E raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e disse di darle da mangiare.

 

Abbiamo letto una pagina di Vangelo veramente bella: Gesù in cammino lungo il lago di Tiberiade, la folla attorno a lui, la comunità cristiana intorno a lui, la comunità credente e in mezzo a questa comunità i nostri problemi. Dico nostri perché anche se ci hanno parlato di Giàiro, ci hanno parlato di questa donna, ma in fondo se adesso seguiamo anche noi Cristo meditando questa pagina di Vangelo, entriamo anche noi nel tunnel, molte volte così oscuro della malattia.

 

Pensate 12 anni. 12 anni di questa emorragia di sangue, una sorgente che doveva essere la fonte della vita che diventa una sorgente inquinata. E allora questi 12 anni, che si ripetono negli anni della bambina, ci dirà che aveva 12 anni, perché mi ricordano che 12 erano le tribù di Israele, 12 erano gli apostoli, 12 le porte della futura Gerusalemme nuova. Allora vuol dire che Marco mi sta parlando sì, certamente, di questo episodio molto significativo, ma mi sta dicendo che riguarda tutto Israele, riguarda ogni persona, riguarda davvero il fatto che a volte la nostra vita è un tunnel dove noi non riusciamo a trovare un senso.

 

Poi proseguendo nel cammino di Gesù entriamo addirittura nell'abisso della morte di questa bambina che muore. La domanda istintiva è questa: ma chi è questo Gesù che cammina in mezzo alla gente, e che porta una risposta così significativa al problema della malattia e al problema della morte?

 

Marco ci sta educando a riflettere sulla nostra vita quotidiana, su tante situazioni personali, o di persone che vivono con noi, ci sta educando anche a non essere così superficiali come la folla che tocca Gesù, lo stringe da tutte le parti, ma non succede assolutamente nulla perché è un contatto superficiale, mentre questa donna nel suo cuore ha preso la decisione.

 

Perché la donna è andata da Gesù?

Perché c'è una decisione molto profonda nel suo cuore: se io toccherò anche solo il lembo del suo mantello sarò guarita.

E quando Gesù poi la interroga, è molto bello anche questo fatto di Gesù che cerca gli occhi di questa donna, non gli basta averla guarita, la vuol vedere, la vuol chiamare figlia: - che bello! - quando Gesù proprio stabilisce questo rapporto profondo per cui noi non siamo persone anonime, uno dei tanti, noi siamo in un rapporto individuale, personale con Lui, allora davanti a questa donna Gesù la guarda veramente con amore, e questa donna gli dice tutta la verità, - sottolineatura molto bella -.

 

Ho pensato alle mie confessioni, al momento in cui anch'io mi inginocchio davanti al Signore e gli chiedo perdono dei miei peccati dicendogli  la mia malattia, le cose che non so risolvere, le situazioni che mi travolgono.

E Gesù la guarda e le dice: "figlia mia la tua fede ti ha salvata" non dice io ti salvo, non dice io ti guarisco, ma dice: "il fatto che tu entri in questo atteggiamento di fede, per cui ti fidi di Dio, lo metti davvero come punto di riferimento della tua esistenza, questo ti salva, questo ti ridà la tua dignità".

Tu che prima, nella tua situazione non potevi neppure partecipare alle cose religiose, alla vita pubblica, (perché questa era la situazione delle donne ebraiche nel momento in cui il flusso di sangue colpiva la loro vita) tu che non avevi dignità, non avevi socialità, se hai fede nel tuo cuore, tu recuperi in pieno la tua dignità.

 

Anche Giàiro: perché Giàiro va da Gesù, che cosa si aspetta da Gesù? 

È bellissimo questo papà che implora per la figlia. Qualche volta anche noi preghiamo per tante persone o che sono parte della nostra storia, o ce le hanno raccomandate.

 

Leggevo di Papa Francesco che raccontava di un papà che va al santuario della Madonna di Luján in Argentina, perché la figlia sta morendo e lo trova chiuso perché è notte e - dice papa Francesco - che si attacca alle sbarre del cancello e per tutta la notte quel papà lotta con Dio, nel senso che implora veramente la guarigione della figlia e che è quasi una lotta tra il cuore di questo papà e il desiderio profondo di vedere rivivere questa bambina.

Quando al mattino torna all'ospedale, trova la bambina guarita.

 

A me pare molto bello questo fatto di implorare, di intercedere, di presentarci al Signore.

Allora capite anche qui la fede che c'è nel cuore di quest'uomo: ha messo al centro della sua attenzione Dio.  

Gesù in quel momento è la presenza di Dio nella sua vita.

E tutte le frasi che Gesù pronuncia lungo il racconto di questo Vangelo sono tutte frasi che devono entrare profondamente nel nostro cuore.

È bellissimo anche questo Gesù che appena ascolta questo papà che intercede dice semplicemente "Andiamo, vengo, vengo a casa tua, condivido il tuo dolore, condivido la tua strada e, insieme con lui, entra in quello che io ho chiamato l'abisso della morte.

Perché di fatto i suoi servi vengono a dirgli: "è morta, lascia perdere". E qui la battuta più bella, quando Gesù gli dice "non temere".

 

Chi non ha paura davanti alla morte? «Non temere fidati di me, solo continua a credere». Ecco. Mi sembra estremamente importante cogliere questo difficile passo perché noi ogni giorno compiamo davanti al male, davanti al dolore, alla malattia, alla morte, e Gesù ci dice "non temere solo continua a fidarti di Dio che è Padre, di Dio che ti ama, di Dio che ha in mano la tua vita, la custodisce".

E poi arriva il momento in cui in quella casa ci sono i pianti, le grida di chi ritiene di essere stato sconfitto dalla morte e Gesù dice «smettetela di fare questo chiasso perché questa bambina non è morta, ma dorme».

 

Pensate alle Catacombe, dove ci sono le tombe dei nostri primi martiri, non c'è mai la parola: "è morto"; c'è sempre: "si è addormentato nel Signore"; perché l'ultima parola non è della morte, ma è della Risurrezione.

E quando Gesù lo dice a questo papà lo sta dicendo a noi.

 

Marco racconta questo episodio quando Gesù è già salito al cielo, Gesù non è più visibile come nei suoi 30 anni di vita terrena, e la gente battezzata, credente, si ammala, la gente muore.

E allora la domanda "ma dove sei Signore?"

Ecco la risposta di questo bellissimo brano di Vangelo

"È qui al fianco tuo che lotta con te e prepara il tuo risveglio".

 

E quando Gesù tocca la mano della bambina, - notate il tocco della mano, affettuosissimo, - ma Gesù ha toccato con quella mano anche i lebbrosi e li ha guariti.

Il contatto con Cristo è il contatto con la vita.

È veramente il momento in cui noi, che abbiamo la condanna di morte, entriamo finalmente in contatto con la sorgente della vita, che ci irradia dalla Sua grande potenza, piena d'amore, e ci prepara al risveglio finale, quando noi saremo sempre con Lui.

 

E questa bambina si alza.

Penso che anche a me oggi Gesù dica «Alzati! Talità Kum, alzati, mettiti in piedi, cammina, fidati del Signore, vivi di fede».

Poi la battuta graziosa "datele da mangiare", come dire: "non è un fantasma, non ho risvegliato uno spirito".

La nostra vita non è destinata a essere qualcosa di evanescente, di spirituale nel senso deteriore del termine, cioè di essere qualcosa di non concreto.

La nostra vita finale sarà pienezza di vita, pienezza veramente di dignità umana, d'amore, di relazioni.

 

Allora capite che bellissimo racconto abbiamo avuto oggi. Il legame, l'elemento fondamentale è la parola FEDE, avere fede, fidarsi, gettare la nostra fiducia su Cristo.

 

Allora abbiamo anche noi i "segni", non un mantello, ma l'Eucaristia, dove noi non entriamo in contatto con qualcosa di evanescente.

Pensate che bello a questo punto il gesto di Cristo che ha deciso di rimanere con noi con il Suo Corpo e il Suo Sangue, nel segno fisico, concreto, di questo pezzo di pane che noi mastichiamo e con cui ci nutriamo, perché la Sua realtà spirituale, definitiva, entri in questa povera realtà umana e la trasfiguri fin da oggi.

 

Continuando l'Eucaristia noi dobbiamo veramente ringraziare il Signore, la Sua presenza è la nostra fiducia, la sua presenza è la fonte della vita.

Quando abbiamo qualche momento di difficoltà, malattia, quando la porta della morte si apre anche per noi, gettiamo la nostra speranza nel Signore, è Lui la fonte della vita, nessun altro può darci forza e sicurezza.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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