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Bicentenario della nascita di Don Bosco: Voglio soprattutto la salvezza delle anime «Da mihi animas, cetera tolle»
di Don Ferdinando Colombo
«Attingiamo all’esperienza spirituale di Don Bosco, per camminare nella santità secondo la nostra specifica vocazione». Questo è il programma, la strenna, che la famiglia salesiana cercherà di meditare e di vivere in questo anno mentre si prepara a celebrare il prossimo anno, il bicentenario della nascita di Don Bosco: 1815 – 2015. Il Rettor Maggiore Don Pascual Chávez scrive: «dopo aver dedicato un primo anno a conoscere la sua figura storica e un secondo anno a cogliere in lui i tratti fisionomici dell’educatore e ad attualizzare la sua prassi educativa, in questo terzo e ultimo anno intendiamo andare alla sorgente del suo carisma, attingendo alla sua spiritualità». Vogliamo conoscere e approfondire la motivazione profonda che ha spinto Don Bosco a dedicare totalmente la sua vita ai giovani, superando tante difficoltà di ogni genere che sembravano ostacolarlo nella sua missione.
“Io per voi studio, per voi lavoro, per voi vivo, per voi sono disposto anche a dare la vita”
Un episodio significativo che don Bosco stesso ha scritto nelle “Memorie dell’Oratorio” ci fornisce la chiave di interpretazione. Il giovane don Bosco è gravemente ammalato:
“Mi sembrava che in quel momento fossi preparato a morire; mi rincresceva di abbandonare i miei giovanetti; ma era contento che terminava i miei giorni, sicuro che l’Oratorio ormai avesse una forma stabile”. Questa sua sicurezza proveniva dall’essere certo che l’Oratorio era voluto e fondato da Dio e dalla Madonna.
I suoi ragazzi danno vita ad una intensa preghiera corale per chiedere la sua guarigione
La conclusione di questo momento decisivo, un vero spartiacque nella vita di Don Bosco. Invitato a fare almeno una piccola preghiera per la propria salute, con molta difficoltà Don Bosco, finalmente, dice: “Sì, Signore, se così vi piace, fatemi guarire”. “Al mattino i due dottori venuti a fargli visita col timore di trovarlo morto, tastato il polso, gli dissero: - Caro Don Bosco, vada pure a ringraziare la Madonna della Consolata, chè ne ha ben donde”. Don Bosco si affaccia sul ballatoio della camera e dai ragazzi raccolti in preghiera esplodono grida di gioia, di festa, di ringraziamento; rivolge loro poche parole: ‘Io vi ringrazio delle prove di amore che mi avete dato durante la malattia; vi ringrazio delle preghiere fatte per la mia guarigione. Io sono persuaso che Dio concesse la mia vita alle vostre preghiere; e perciò la gratitudine vuole che io la spenda tutta a vostro vantaggio spirituale e temporale. Così prometto di fare finché il Signore mi lascerà su questa terra, e voi dal canto vostro aiutatemi” (MB II, 492-499).
Servire l’uomo e la società testimoniando l’amore di Dio
Due valori dinamici potenti si intrecciano e si rafforzano a vicenda nel cuore di Don Bosco: la contemplazione assidua della presenza di Dio nella sua vita e la passione per la salvezza eterna dei giovani. La centralità di Dio è la chiave per capire la vita di Don Bosco perché era convinto che Gesù Cristo è “l’unico e universale Salvatore dell’umanità”.
È Gesù Cristo che, dai primi anni della sua vita, guida e orienta tutte le sue azioni. È Gesù Cristo che, nel sogno dei nove anni, gli indica una missione, facendogli comprendere che tutta la sua esistenza è segnata da questa vocazione-missione, e che gli dà la Maestra, “senza cui ogni sapienza diviene stoltezza”. È Gesù Cristo che lui scopre, ama e serve in ogni persona che trova sul suo cammino, in particolare i giovani più poveri e abbandonati, prendendo totalmente sul serio le parole del Signore. È Gesù Cristo che lui vuole “modellare” in essi, attraverso un cammino dove la pedagogia e la catechesi si integrano a vicenda, in maniera piena.
Padre, maestro e amico
Il secondo valore. La figura del Buon Pastore, la sua preoccupazione per tutte le pecorelle, ma anche la sconcertante predilezione per la pecorella smarrita, le ritroviamo attualizzate nella passione di Don Bosco per i ragazzi lavoratori o comunque poveri della Torino industriale dell’800.
Per i suoi ragazzi vuole il meglio in tutti i sensi: nel campo professionale con una scuola di qualità, con laboratori all’avanguardia e una cultura larga e profonda. Ma soprattutto vuole che siano”felici oggi, felici domani, felici per sempre in Paradiso”.
Oggi i giovani vogliono semplicemente essere felici nel senso di godersi la vita. Per Don Bosco invece la felicità era legata al concetto di santità, voleva aiutare i giovani a trovare il senso dell’esistenza e la fonte della felicità che è solo in Dio.
"Oh se potessi un poco mettere in voi, diceva in una Buona Notte, questo grande amore a Maria e a Gesù Sacramentato, quanto sarei fortunato! Vedete, dirò uno sproposito, ma non importa niente. Sarei disposto, per ottenere questo, a strisciare con la lingua per terra da qui fino a Superga. La lingua andrebbe a pezzi, ma non importa niente; io allora avrei tanti giovani santi".
“Come Don Bosco, siamo chiamati tutti e in ogni occasione a essere educatori alla fede. La nostra scienza più eminente è quindi conoscere Gesù Cristo e la gioia più profonda è rivelare a tutti le insondabili ricchezze del suo mistero. Camminiamo con i giovani per condurli alla persona del Signore risorto affinché, scoprendo in lui e nel suo Vangelo il senso supremo della propria esistenza, crescano come uomini nuovi”.