di Joan Maria Vernet
La lettera agli Ebrei è uno dei documenti più importanti del Nuovo Testamento.
Per lungo tempo fu attribuita a san Paolo. Ma il moderno studio degli scritti biblici, confermando certi antichi dubbi sull’autore della lettera nell’epoca patristica (secoli IV-VII), è giunto alla conclusione che l’autore non è l’apostolo Paolo, ma uno dei suoi discepoli. Non è possibile indicare con certezza quale sia il nome di questo autore, che doveva essere un eccellente teologo e un ottimo conoscitore dell’Antico Testamento e della liturgia del tempio di Gerusalemme.
L’epistola tratta specialmente del sacerdozio di Cristo, del suo sacrificio espiatorio, della sua mediazione e della sua centralità. Nell’ultima parte dell’epistola, l’autore fa un’ampia riflessione sulla fede biblica, elencando tanti personaggi, fin dagli inizi dell’Antico Testamento (Abele) come esempi di vera fede (capitolo 11). Riflessione attualissima che rinforza le nostre radici religiose e cristiane nel nostro mondo secolarizzato e lontano da Dio.
La bella e teologica definizione che l’autore dà della fede biblica è questa: “La fede è un anticipo delle cose che si sperano, una convinzione di realtà che non si vedono” (Eb 11,1).
Parola di Dio
“La fede è un anticipo delle cose che si sperano, una convinzione di realtà che non si vedono.Infatti, per essa fu resa buona testimonianza agli antichi. Per fede comprendiamo che i mondi sono stati formati dalla parola di Dio; così le cose che si vedono non sono state tratte da cose apparenti.Per fede Abele offrì a Dio un sacrificio più eccellente di quello di Caino; per mezzo di essa gli fu resa testimonianza che egli era giusto, quando Dio attestò di gradire le sue offerte; e per mezzo di essa, benché morto, egli parla ancora. Per fede Enoc fu rapito perché non vedesse la morte; e non fu più trovato, perché Dio lo aveva portato via; infatti prima che fosse portato via ebbe la testimonianza di essere stato gradito a Dio. Ora, senza fede è impossibile piacergli; poiché chi si accosta a Dio deve credere che egli è, e che ricompensa tutti quelli che lo cercano...” (Ebrei 11:1-6).
Meditazione
Profonda e originale è la definizione della fede data dall’autore.
Con differenti sfumature, le diverse traduzioni spiegano il pensiero dell’autore. Noi abbiamo preferito questa, molto recente e molto fedele al senso originale delle parole. È una definizione teologica e spirituale, che molti fedeli possono accogliere come una cosa vissuta e sperimentata: “un anticipo delle cose che si sperano”, cioè un’esperienza di Dio, della sua verità, della sua felicità, della sua dolcezza. “Una convinzione di realtà che non si vedono”, una convinzione assoluta, al di là di ogni dubbio o tentennamento, di quanto ci insegna la dottrina biblica, il credo della Chiesa e la sua dottrina.
All’inizio della fede c’è il Dio Creatore, che ha fatto dal nulla tutto l’universo. È con questi atteggiamenti spirituali che il credente considera Dio e la sua fede. Questa sua buona disposizione spirituale lo rende gradito a Dio e per questo Dio gli dà le sue benedizioni. Se l’uomo non accoglie questa fede, Dio stesso non può elargirgli i suoi doni perché l’uomo rimane chiuso e insensibile all’azione e all’amore di Dio.
Orazione
Grazie, o mio Dio, per la fede che mi hai dato. La fede è il dono più grande che tu mi hai potuto fare perché in essa si trova la vita dello spirito e l’orizzonte della mia esistenza che arriva fino all’eternità e fa godere in anticipo tanta luce, tanta gioia e tanta felicità della gloria futura.
Grazie, o Dio Padre, per questo dono ineffabile che unisce cielo e terra, eternità e tempo, il tuo cuore con il nostro cuore. Dacci una totale, fermissima convinzione e certezza delle verità della fede, dei misteri della nostra salvezza come l’Incarnazione del tuo Figlio Gesu Cristo, la sua Redenzione attraverso la morte e la risurrezione, i sacramenti, la vita nuova in Cristo, la vita eterna come ricompensa dopo la morte... E fa’, o Padre, che con questa fede, noi possiamo piacerti sempre e in tutto, come i tuoi santi, come le persone elencate in questo capitolo della lettera agli Ebrei. Esse sono per noi esempio di fede e di fedeltà. Accresci, o Signore, la nostra fede!
Contemplazione
La vera fede è già una contemplazione. Ce lo dice questa stupenda definizione della lettera agli Ebrei: l’anticipo delle cose che si sperano. Noi, in questa vita, possiamo, secondo il grado della nostra fede, godere la verità e la bontà delle cose che Dio ci dà e ci darà un giorno nella sua gloria. Lasciamo spazio allo Spirito Santo affinché lui apra sempre più per la nostra mente e il nostro cuore i tesori che la fede ci promette.
Lasciamo spazio alla sua azione divina affinché queste esperienze spirituali vadano consolidando in noi una forte e sicura convinzione della sua verità, superiore alla stessa certezza della scienza. E godiamo della consolante verità di sapere che Dio si compiace della nostra fede e che noi possiamo, come figli amatissimi, compiacerlo in tutto, vivendo nella fede che Lui ci ha elargito come il più prezioso dei tesori. A poco a poco il nostro sguardo diventerà come lo sguardo stesso di Dio.
Azione
San Paolo ci ricorda che la vera fede si pratica con la carità (Gal 5, 6). Se noi possediamo la fede descritta nella lettera agli Ebrei e godiamo quindi dell’anticipo delle cose che speriamo, non possiamo rimanere indifferenti: la fede ci deve spingere alla comunicazione di questo bene ricevuto: in che modo?
Con la nostra vita degna e coerente, con la nostra capacità di arrivare agli altri sia con una buona azione, sia con un aiuto, sia con una parola di incoraggiamento o di speranza. È troppo grande la grazia e la ricchezza ricevuta per non comunicarla in qualche modo agli altri. È l’irradiazione spontanea del Vangelo, della verità di Gesù, della luce della sua bontà e compassione che noi abbiamo ricevuto.