di Don Giuliano Vettorato sdb
Alcol, giovanissimi e nuovi stili di consumo
La birra è la bevanda preferita dai ragazzi, che dichiarano di farne un consumo abituale, mentre sembra essere una scelta piuttosto femminile quella di bere i micidiali cocktail o aperitivi alcolici. Infatti l'alcol non è più solo uno “sport” da maschi. Sigaretta alla mano, borsetta sotto il braccio, vestiti scollati e rigorosamente tacchi da dodici centimetri, decine di ragazze sorseggiano il bicchierino, alcune con l'aria assente, altre divertite ed euforiche. Si sta, inoltre, diffondendo la consuetudine (proveniente dalla Spagna), chiamata «botellon»; ossia, ritrovarsi in gruppo nelle piazze con una bottiglia di vino o di altri alcolici.
I danni dell’alcol
L'alcol provoca un’iniziale euforia e perdita dei freni inibitori, ma a quantità progressivamente crescenti corrispondono una riduzione della visione laterale (visione a tunnel), la perdita di equilibrio, nausea e confusione, difficoltà motorie, riduzione dei tempi di reazione, della capacità di concentrazione, di valutazione: tutto ciò influisce sulla capacità di guida. Il rischio di incidente stradale aumenta in modo esponenziale all'aumentare della concentrazione di alcol etilico nel sangue (alcolemia). Ma chi non beve, dicono i giovani, si annoia, e se ti annoi gli altri non ti badano.
Perché lo fanno?
Però c’è anche la paura di crescere: «Vorrei che il tempo si fermasse per rimanere così», «Cerco di essere sempre più bambino, il pensiero di essere grande con tante responsabilità mi spaventa». Oppure: «Sono talmente confusa su che fare del mio futuro che a volte mi sembra d’impazzire frantumandomi in mille pezzi». E raccontano storie di serate alcoliche con amici che hanno visto diventare confusi, violenti, «dare di matto», vomitare e avere allucinazioni. Insomma, passano direttamente dal Nesquick allo shottino.
“Era un venerdì sera, un ragazzo ne ha bevuti tre uno dietro l’altro. Alla richiesta del quarto gliel’ho rifiutato – racconta un barista - è uscito e ha vomitato. Poi ha detto che era tutta colpa mia”. Il barista prosegue: “ho adottato una linea: quelli che vomitano non li faccio più bere la volta successiva che entrano nel locale… Sarò in controtendenza, ma non posso vederli così. Certo io li vendo questi cocktails, è il mio lavoro, ed il problema è che se non li bevono da me vanno da un’altra parte. Purtroppo ne ho visti tanti al bancone del bar dire: dove andiamo ad ubriacarci stasera?”.
Quali interventi?
Secondo l’O.M.S. gli interventi efficaci sono l’aumento delle imposte sulle bevande alcoliche, che ne farà aumentare il prezzo finale e questo di solito scoraggia i consumi, poi rigorosi controlli di polizia sui locali di vendita, per evitare che vengano vendute bevande alcoliche ai minori di 16 anni. Bisogna anche ridurre la disponibilità delle bevande alcoliche, attraverso la riduzione degli orari di apertura e vendita dei locali, evitando che questi ultimi raggiungano una densità eccessiva nei centri storici, ed impedendo in certi orari la vendita da asporto, che viene spesso praticata dai maggiorenni a favore dei minorenni.
Il compito dei genitori
“Ma è molto importante l’atteggiamento dei genitori. Sappiamo che l'abitudine al consumo non moderato di bevande alcoliche da parte dei genitori, influenza in peggio il comportamento dei figli. Ma anche se i genitori consumano moderatamente, il loro permissivismo è deleterio. In Olanda, dove non si sa più come frenare il consumo smodato dei giovanissimi, risulta che il 65% dei genitori accetta che i figli dai 14-15 anni facciano uso di alcol durante le feste private. Quindi i cattivi esempi e le omissioni vengono proprio da coloro i quali poi si preoccupano: i genitori e la scuola. Le uniche campagne di educazione a scuola che hanno dimostrato di avere un certo successo sono quelle in cui sono stati coinvolti anche i genitori. Infatti, quando si riesce ad illustrare ai genitori i fattori di rischio e la loro influenza sulla protezione della salute, essi capiscono che possono diventare un supporto per i ragazzi, e capiscono la necessità di imporre dei limiti ai propri figli”(da “Genitori insieme”).