di don Giuliano Vettorato Sdb
Nel numero precedente, mettendo in luce il cambiamento di paradigma nell'interpretazione della droga, non volevo di certo fornire giustificazioni all’assunzione di droghe;semplicemente cercare di far comprendere come sta mutando la percezione della droga a livello sociale e scientifico.
Lo scopo dell'articolo era di mettere in guardia contro facili e sbrigativi giudizi su coloro che usano droga. In realtà tante sostanze, non solo la droga, fanno male, se usate in modo sbagliato.
La droga fa male, sempre e comunque: anche una sola dose può essere fatale. Si tratta di molecole, infatti, che provocano danni sovente irreversibili al cervello e che generano, alla lunga, dipendenza fisica e/o psichica, difficile da trattare; sostanze che mettono a repentaglio gravemente la salute di chi ne fa uso.
Gli specialisti distinguono tra uso saltuario, uso problematico, abuso e dipendenza vera e propria.
Si sta diffondendo tra i giovani uno stile di vita in cui l’uso, saltuario (come nelle feste di compleanno, a capodanno, ecc.) o abituale ma non esagerato (fine settimana), di droga è normale.
Pur senza voler giustificare tale comportamento, si ritiene che un tale modo di far uso di droga non costituisca un problema. Cioè, non dev’essere considerato un problema più grave che uscire un po’ alticci da una festa.
Il problema si pone quando si abusa della sostanza (tanto dell’alcol, come della droga), cioè quando si va oltre il piacere che può fornire momentaneamente una sostanza e si perde il controllo.
L’abuso o un uso frequente di droga può portare all’assuefazione e alla “tolleranza”, cioè all’abitudine del cervello a quella sostanza, che diventa bisogno di aumentare la dose per ottenere lo stesso effetto provato la prima volta… finché si arriva a una soglia oltre la quale i soggetti non sono più in grado di vivere senza ricorrere alla sostanza (dipendenza).
Uno dei pericoli più gravi per un'adolescente è rappresentato dall'assuefazione a qualche stupefacente che modifichi il suo stato di coscienza e lo renda schiavo di tale sostanza. Ciò genera un’infinità di problemi per tutti: per i giovani, i genitori, gli educatori, le famiglie, lo stato.
Ma non è ancora questo il problema principale. Se vogliamo intervenire efficacemente sulla tossicodipendenza, è opportuno spostare l’attenzione dalle conseguenze dell’uso e dell’abuso della droga alle sue cause. Le motivazioni che spingono all’uso possono essere di diverso tipo e riconducibili a tipologie diverse:
- sperimentale: per curiosità o per modificare il proprio stato di coscienza (allucinogeni);
- strumentale: per acquisire un certo stato psichico che permetta di affrontare efficacemente un problema (cocaina);
- ricreativo: per conseguire un buon umore e liberarsi dalle tensioni (hashish, ecstasy).
L’uso di droghe è sovente legato al bisogno di soddisfare il piacere del momento, soprattutto in un certo “contesto” (es. in gruppo, in discoteca, ad una festa). Oggi sembra che non si riesca più a divertirsi senza far uso di sostanze disinibenti ed eccitanti.
Perché si ha bisogno di queste sostanze per divertirsi?
Probabilmente, bisogna alzare lo sguardo e osservare il tipo di società in cui ci troviamo. Sembra che si abbia diritto al piacere, al divertimento sempre e dovunque; mentre essi hanno senso solo come ricompensa per un compito assolto, per una fatica compiuta.
Per adolescenti, che stanno facendo il passaggio dal principio del piacere al principio della realtà, il fatto di non trovare nella società un aiuto alla propria maturazione, può costituire un ulteriore incentivo a rimanere nella propria immaturità, a cercare delle facili scorciatoie e a non fare quei passi che li porterebbero alla maturità e all’adultità.
Grazie anche al concorso di compagni e dell’ambiente, possono illudersi di trovare nella droga uno strumento facile di piacere, di automedicazione, di lenimento del proprio dolore e di superamento dei propri limiti.
La droga è invece un potente inganno (diàbolos).
Inganna prima di tutto la mente di chi la prende, perché fa credere al cervello di aver prodotto troppo di un certo mediatore chimico (per esempio la dopamina) e comincia a ridurne la produzione in proprio: il che porta all’assuefazione e alla tolleranza.
Ma inganna anche chi la prende, perché gli fa credere di aver risolto i suoi problemi, ed invece li sta aumentando.
Infine fa diventare ingannatore il tossicodipendente, perché è disposto a tutto pur di procurarsi la “roba” ed inganna parenti, amici, conoscenti…
Infine è un potente inganno sociale, perché ci fa credere che il problema sia la droga, mentre essa è solo il sintomo. Un sintomo del grave disagio in cui si trova questa civiltà, che crede di poter risolvere i suoi problemi con risposte solo di tipo materiale e funzionale, mentre il vero problema è che sta perdendo la sua anima, non sa più dove sta andando e perché sta agitandosi così tanto. Quando i “mezzi” diventano “fini”, allora l’uomo si perde… “Che giova all’uomo guadagnare il mondo intero se perde la sua anima?”
E i giovani sono le antenne, i primi sensori di tale disagio. Il loro ricorso alla droga è un indice puntato contro di noi, contro la civiltà che abbiamo costruito, contro questo capovolgimento di valori, contro il relativismo ed il “nichilismo” in cui siamo immersi.
Se non prendiamo coscienza di questo problema e non vi poniamo rimedio, ogni altro tentativo di contenere il problema droga diventa solo un palliativo, non una soluzione.
È ciò che implicitamente ha ammesso anche la “Global Commission on Drug Policy” nello scorso 2 giugno a New York: “50 anni di guerra alla droga sono stati un completo fallimento”, che “non ha fatto altro che riempire le nostre carceri”. “È ora di fermare la criminalizzazione, la marginalizzazione e lo stigma nei confronti delle persone che consumano droga, ma non nuocciono agli altri… di ridurne il consumo attraverso campagne di educazione…”.