di don Ferdinando Colombo
Nato a Castelnuovo d'Asti nel 1815, Giovanni fu educato dalla madre alla fede e alla pratica coerente del messaggio evangelico. A soli nove anni intuì da un sogno che avrebbe dovuto dedicarsi all'educazione della gioventù. Ancora ragazzo, cominciò a intrattenere i ragazzi con giochi alternati alla preghiera e all'istruzione religiosa. Dinamico e concreto, da ragazzo fondò fra i coetanei la «società dell'allegria».
Diventato sacerdote (1841), scelse come programma di vita: «Da mihi animas, cetera tolle» (Gn 14, 21), e iniziò il suo apostolato tra i giovani più poveri fondando l'Oratorio e mettendolo sotto la protezione di san Francesco di Sales.
Iniziò con i giovani in cerca di lavoro: diede loro una casa, un cuore amico, istruzione e protezione, assicurando per essi onesti contratti di lavoro; creò scuole professionali, laboratori. Offrì uguale assistenza agli studenti. Indirizzò i giovani a conquistare un posto nel mondo, aiutandoli a raggiungere competenza e abilità professionali; li orientò alla vita cristiana, curando molto la formazione religiosa, la frequenza ai sacramenti, la devozione a Maria, le vocazioni.
Cercò fra i suoi ragazzi i migliori collaboratori alla sua opera, avendo l'ineguagliabile arte di formare ciascuno secondo la sua personalità.
Con il suo stile educativo e la sua prassi pastorale, basati sulla ragione, sulla religione e sull'amorevolezza (Sistema preventivo) portava gli adolescenti e i giovani alla riflessione, all'incontro con Cristo e con i fratelli, all'educazione alla fede e alla sua celebrazione nei sacramenti, all'impegno apostolico e professionale. Tra i più bei frutti della sua pedagogia emerge san Domenico Savio, quindicenne.
La sua pedagogia cristiana, attuata con abilità di genio ed efficacia di santo, mira a «prevenire» i mali, a «preservare» la gioventù con l'intelligente comprensione, l'adattamento alle sue esigenze, con ragionevolezza, confidenza, carità, allegria, espressioni tutte della «presenza» costante dell'educatore: «Che i giovani sappiano di essere amati». Già vecchio, poteva dire di sé: «Ho promesso a Dio che fin l'ultimo mio respiro sarebbe stato per i miei poveri giovani».
Sorgente della sua infaticabile attività e dell'efficacia della sua azione fu una costante «unione con Dio» e una fiducia illimitata in Maria Ausiliatrice che sentiva come ispiratrice e sostegno di tutta la sua opera. E ai suoi figli Salesiani lasciò in eredità una forma di vita religiosa semplice, ma solidamente fondata sulle virtù cristiane, e sintetizzata nel binomio: «lavoro e temperanza».
Tra i suoi giovani cercò i migliori collaboratori della sua opera, dando origine alla Società di san Francesco di Sales; insieme a santa Maria Domenica Mazzarello fondò l'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice; infine, con buoni e operosi laici, uomini e donne, creò i Cooperatori salesiani per affiancare e sostenere la sua opera, anticipando così nuove forme di apostolato nella Chiesa.
Nel centenario della sua morte avvenuta il 31 gennaio 1988, Giovanni Paolo II l'ha dichiarato e proclamato Padre e Maestro della gioventù, «stabilendo che con tale titolo egli sia onorato e invocato, specialmente da quanti si riconoscono suoi Figli spirituali».
La centralità dell'amore nell'educazione
«Si educa solo nella misura in cui si ama» dicono oggi molti pedagogisti.
Don Bosco aveva affermato: «L'educazione è cosa di cuore». E ancora: «La pratica di questo sistema è tutta poggiata sulle parole di san Paolo che dice: "La carità è benigna e paziente; soffre tutto, ma spera tutto e sostiene tutto"».
E don Bosco è convinto che solo Dio ci può insegnare l'arte di amare come Lui e di educare. Di qui l'importanza della religione nel suo sistema educativo.
Educare è volere il vero bene del giovane e il primo passo è farselo amico, «guadagnare il suo cuore».
In una lettera famosa di don Bosco, scritta ai Salesiani da Roma nel 1884, si legge: «Chi sa di essere amato, ama; e chi è amato ottiene tutto, specialmente dai giovani». «Non basta amare i giovani: occorre che loro si accorgano di essere amati».
Tanti anni prima aveva ricevuto, in un sogno, un consiglio prezioso: «Non con le percosse, ma con la mansuetudine e la carità dovrai guadagnare il cuore dei giovani!»
E' un amore che sa di consacrazione: l'educatore è «tutto consacrato al bene dei suoi alunni», quindi capace di dare loro tutto, anche la vita.
PREGHIERA A DON BOSCO
Don Bosco,
tu che ai giovani hai svelato
il volto paterno di Dio,
sostieni il mio impegno di vita cristiana.
Aiutami a coltivare dentro di me:
un'intelligenza che ricerchi
ed approfondisca senza stancarsi,
per scoprire la sapienza del Padre;
una volontà costante e coraggiosa,
per essere capace di costruirmi
creatura nuova come Cristo;
donami un cuore dai sentimenti puri e trasparenti,
capace di amore fedele e gratuito,
nello Spirito.
Insegnami ad aprirmi agli altri,
ad essere rispettoso, a donare amicizia,
a costruire solidi rapporti sociali e familiari.
Gesù sia sempre
la mia guida e il mio modello:
la sua Parola mi sostenga
nel costruire giustizia e pace,
il suo Sacrificio sia il fondamento
della mia solidarietà.
Contagiami
con la tua filiale fiducia in Maria Ausiliatrice,
perché la sua maternità
che abbraccia tutte le creature
allarghi l'orizzonte del mio servizio
alla Chiesa e al mondo.
Con te, Don Bosco,
voglio vivere a servizio dei giovani.
Come te, Don Bosco,
voglio scegliere soprattutto i più poveri.
Per te, don Bosco,
ringrazio il Signore Gesù.