di don Ferdinando Colombo
Passione per l'evangelizzazione dei giovani
Pacognano
Riflessioni finali di don Ferdinando Colombo
1 - I valori più significativi del Sistema Preventivo
periodi di profondo mutamento sono segnati da forte turbolenza per i giovani che si interrogano sul proprio futuro.
saper decodificare i fenomeni di violenza come sintomi evidenti di una mancanza educativa.
Il problema prioritario che le nostre società moderne devono affrontare è l'educazione.
Ricordiamoci le parole che Don Bosco pronunciò a Parigi, durante il suo viaggio trionfale del 1883: «Non indugiate nell'occuparvi dei giovani, altrimenti loro non indugeranno ad occuparsi di voi!»
L'autorevolezza dell'educatore è basata non tanto sul mandato quanto sulla sua credibilità tra i giovani.
Giovanni Bosco fonda tutto il suo Sistema Preventivo sulla qualità della relazione adulto-giovane.
Non dimentichiamo che oggi sono tre gli elementi che caratterizzano i giovani:
Povertà culturale, disinteresse politico, cinismo, asocialità...
Facile manipolazione da parte di gruppi economici interessati, plagio
Si tende a eternare la giovinezza, senza responsabilità. Sesso e non amore.
Ristabilire il ruolo dell'autorevolezza mediante l'elaborazione di una relazione educativa basata sulla fiducia. Chi devee fare il primo passo. Quale tipo di passo.
Da parte dell'Educatore: essere testimoni di speranza per permettere al giovane di proiettarsi verso il futuro,
Come trascinarli sul nostro terreno: far fare esperienze educative di convivenza tra giovani e adulti, mettendoci in gioco in questa alleanza,
Una pedagogia della fiducia
Senza fiducia non c'è educazione.
Solo attraverso una relazione di fiducia tra il giovane e l'educatore si può fondare il concetto di autorevolezza.
Come instaurare questa fiducia? Don Bosco risponde soltanto «con l'affetto».
L'esperienza insegna che la sfera affettiva è costitutiva di ogni relazione umana.
Don Bosco consiglia all'educatore di saperla gestire all'interno della relazione educativa per instaurare un clima di fiducia. «Senza affetto non c'è fiducia. Senza fiducia non c'è educazione».
Un'educazione basata sulla fiducia è una educazione basata sulla ragione.
L'educatore agisce in maniera ragionevole, convinto sempre che il giovane è dotato di ragione, è in grado di comprendere dove si trovano i suoi interessi.
Qualunque sia il comportamento di un giovane, per quanto inadatto e sbagliato possa apparire a prima vista,.... egli ha sempre delle ragioni per adottare un comportamento.
Non dico, certo, che lui abbia ragione, poiché può fare del male a se stesso e agli altri, ma ha le sue ragioni.
E fino a quando l'educatore non avrà decifrato queste ragioni, è proprio la risposta dell'educatore che rischia di essere sbagliata, inadatta o deviante.
Da parte dell'educatore:
Un'educazione fondata sulla fiducia si basa su una fede incrollabile nell'educabilità del bambino, qualunque siano le difficoltà che lo circondano.
Credere nei giovani, significa, ritenere ogni giovane, qualunque possano essere le sue povertà, come un'opportunità di crescita per il gruppo e non come un peso.
Infatti, a ben pensarci, è sempre il giovane in difficoltà che fa progredire l'educatore nella sua arte pedagogica: egli lo obbliga a porsi delle domande, a rimettersi continuamente in gioco.
2) Una pedagogia della speranza
aiutare i giovani ad utilizzare tutti i vettori di progresso verso una società più giusta, più fraterna, più vivibile.
Aprire gli occhi all'adolescente perché sappia meravigliarsi che è come dire che scopre un mondo più vasto e più interessante del suo.
Certamente, bisogna anche metterlo in guardia rispetto alle possibili derive di un uso sbagliato del progresso.
Ma attenzione a che il mettere in guardia non blocchi la facoltà di meravigliarsi davanti à ciò che emerge.
«Fa più rumore un albero che cade di una foresta che cresce" dice il proverbio africano. È tempo, per il morale della nostra gioventù, di non opprimerli costantemente con il brusio degli alberi che cadono, largamente ripreso dai media, ma di saperli aprire alla bellezza della germinazione.
È questa attenzione al processo di germinazione che caratterizza lo sguardo di Don Bosco verso i giovani. La storia del seme, chiamato a divenire un grande albero, è senza dubbio la più bella parabola sull'educazione. Esistono tre categorie di uomini e donne paragonate al seme. Prima di tutto, c'è chi nel seme non vede altro che il seme (prospettiva limitata!). Poi, c'è chi vedendo il seme non fanno altro che sognare l'albero (ma questi grandi idealisti, sognando, rischiano fortemente di distruggere il seme). Infine, ci sono coloro che vedono la relazione tra il seme e l'albero. Costoro sono allora attenti al terreno.
Educare secondo Don Bosco, significa offrire il miglior terreno per permettere al giovane di radicarsi nell'eredità familiare, sociale, culturale, al fine di schiudersi come nuovo soggetto.
Ed è la gioia che, sempre secondo Don Bosco, caratterizza al meglio un terreno. Gran parte dell'arte educativa consiste nel saper instaurare intorno a sé un clima di pace e di serenità gioiosa.
Sviluppare un progetto che tenga conto del giovane, della sua realtà di oggi e della sua potenzialità di adulto di domani, significa sia "dargli sicurezza" che "responsabilizzarlo". L'arte del pedagogo salesiano risiede nella sana articolazione tra queste due linee di forza.
Dare sicurezza... è saper esprimere il carattere incondizionato dell'affetto che ci lega al giovane... Ma nello stesso tempo è anche essere garante di un insieme di regole che permangono, nonostante i tentativi di trasgressione adolescenziale ...
Rassicurare è infine aiutare il giovane a far memoria del successo.
Si tratta sempre di focalizzarsi sul saper fare del giovane, puntare l'attenzione su ciò che sa fare, invitandolo a progredire. Bartolomeo Garelli.
Rassicurare ma anche responsabilizzare...in quanto solo esercitando responsabilità si impara a diventare responsabili... Molti adolescenti di oggi soffrono proprio per non avere la possibilità di esercitare alcuna responsabilità reale all'interno della società, e questo è particolarmente vero per i giovani in situazione di esclusione sociale...
3) Una pedagogia dell'alleanza
In un mondo segnato dalla tendenza dei giovani di vivere solo tra di loro e dalla difficoltà di relazione inter-generazionale, Don Bosco raccomanda una pedagogia dell'alleanza.
Non si tratta di fare per, ma con il giovane, considerato non solo come destinatario, ma come partner dell'azione educativa.
«Ho bisogno che ci mettiamo d'accordo ... » amava dire nella sua buonanotte.
Questo è il segreto di una pedagogia fondata sul rispetto dei diritti del bambino.
Per stabilire una relazione di questo tipo con il giovane è necessario che l'educatore riesca a trovare la sua giusta posizione. Egli deve essere sufficientemente vicino per non essere indifferente, e sufficientemente lontano per non essere considerato interessato a dominare.
Questa buona distanza e buona prossimità da stabilire con i giovani dipende da ogni singolo individuo.
«Non basta amare i giovani, è importante che essi si sentano amati».
In altri termini, la cosa essenziale, la più importante è la percezione del giovane.
È necessario che si crei alleanza non solo con il giovane ma anche con il gruppo di giovani.
Vivere il gruppo, non come un peso, ma come una possibilità, per il processo di socializzazione.
Davanti al gruppo, l'educatore a volte ha la tendenza a percepire solo una somma di relazioni individuali, mentre invece si tratta di far interagire i membri del gruppo fra di loro.
Infine si tratta anche di costruire l'alleanza tra tutti gli adulti coinvolti nell'educazione dello stesso giovane.
Nell'ultima lettera che inviò prima della sua morte ai direttori, Don Bosco si mostrò molto attento alla qualità dei legami tra i membri della comunità educativa. Il primo diritto del bambino, è senza dubbio quello della coerenza di tutti gli adulti che camminano con lui nel suo itinerario di crescita.