di Mario Pulimanti
Il 12 aprile 1846, giorno di Pasqua, l’oratorio, che si trovava presso i Molini di Torino, si trasferisce definitivamente sotto una tettoia affittata da Francesco Pinardi, in Valdocco.
Dopo la sua morte don Bosco viene dichiarato Venerabile nel 1907, Beato nel 1929 e quindi Santo il 1 aprile 1934, che è per l’appunto, il giorno di Pasqua.
Per Lui le feste di Natale e di Pasqua hanno sempre meritato una preparazione speciale: don Bosco, durante queste Festività, organizzava anche dei piccoli ritiri destinati a coltivare esclusivamente lo spirito per capire il senso della nascita di Cristo e la centralità della Resurrezione nella vita cristiana.
Era solito ricordare ai suoi ragazzi che la Santa Pasqua per noi cristiani è la festa della pace e del perdono perchè rappresenta la Resurrezione da morte di Gesù Cristo.
Richiamava spesso nella mente dei suoi giovani che con il Mercoledì delleCeneri inizia la quaresima che è tempo di preparazione alla Pasqua in cui è usanza e prescrizione della Chiesa fare digiuno, astinenza, preghiera di venerdì.
Rammentava loro, poi, che con la Domenica delle Palme inizia la settimana santa, giorno in cui si ricorda l’ingresso trionfante di Gesù a Gerusalemme.
Insegnamenti ovvi per noi cattolici del ventesimo secolo ma quasi sconosciuti, per lo più, ai fanciulli e ai ragazzi poveri che don Bosco aveva raccolto nel suo oratorio in Valdocco.
Don Bosco è stato il preparatore che ha salvato milioni di adolescenti, partendo dal cortile, dal gioco, dalla quotidianità per arrivare poi alla costruzione di grandi uomini e donne dell’Italia del secolo scorso.
E l’ha fatto proprio inculcando loro l’importanza che rappresenta per noi cattolici la Resurrezione, cioè la Pasqua.
L'essenza della Pasqua per noi cattolici, soleva ripetere don Bosco ai suoi ragazzi, è appunto nell’ostinarsi a credere che la speranza è un orizzonte di Risurrezione che pulsa passione per la Vita quando attorno la Morte sembra avere l’ultima parola, come è avvenuto, per esempio, durante il Natale 2004, quando un maremoto dalle immani proporzioni, con la sua devastazione senza limiti e con la sua repentinità fulminea, ha messo ancora una volta in ginocchio l’autosufficienza dell’uomo.
Ed è a questo punto che a noi cattolici ed ex allievi salesiani viene in aiuto la Fede che ci fa ricordare quello che diceva sempre don Bosco, e cioè che la Pasqua è l’unica rivoluzione, che rovescia il radicale rapporto tra la vita e la morte.
La morte ha sempre dominato sulla vita; la Pasqua è il mutamento di tale rapporto. La morte non è più l’ultima realtà.
Con il sostegno della Fede e di don Bosco noi non abbiamo più paura e superiamo indenni tsunami, maremoti e tempeste che ci veniamo a trovare di fronte nel corso della nostra vita terrena.
Difatti Don Bosco esortava i giovani a non dimenticarsi mai dell’insegnamento che ci deriva dalla Pasqua: è con la Resurrezione di Gesù, la nostra Pasqua - diceva - che noi uomini siamo in grado di comunicare attorno a noi le ragioni della speranza, cosicché l’ancoraggio della fede diventa in noi garanzia di solidità personale e di solidarietà sociale.
Il suo era un ottimismo fondato sulla roccia della fede, sullo slancio della speranza, sulla Pasqua come ultima parola di Dio nella storia.
Non c'e' Pasqua senza Cristo ...