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La priorità della preghiera

di Suor Maria Pia Giudici

1.      La priorità della preghiera

di Suor Maria Pia Giudici

 Il Papa, richiamando tutti i credenti all'irrimandabile  necessità "non solo di parlare di Cristo ma di farne risplendere il volto davanti alle generazioni del nuovo millennio" (NMI,16), dice l'assoluta necessità che gli stessi credenti, (dentro qualsiasi vocazione!) siano "contemplatori del suo volto" focalizzando bene l'assoluta priorità della preghiera. Anzi, parla senz'altro di contemplazione.
E con realistica conoscenza del nostro "oggi", continua: "Il nostro è tempo di continuo movimento che spesso giunge fino all'agitazione, col facile rischio del "fare per fare". Dobbiamo resistere a questa tentazione cercando di «essere» prima che di «fare»".(Novo Millennio Ineunte,15)
E' tanto incoraggiante per tutti, ma soprattutto per noi, che il Papa scandisca non tanto e non subito degli obblighi quanto un'esigenza del cuore: che lo sguardo interiore resti "più che mai fisso sul volto del Signore" (NMI,16).
"La contemplazione del volto di Cristo non può che ispirarci a quanto di Lui ci dice la Sacra Scrittura che è, da capo a fondo, attraversata dal suo mistero, oscuramente additato nell'Antico Testamento, pienamente rivelato nel Nuovo, al punto che S. Gerolamo sentenziò con vigore: «L'ignoranza delle Scritture è ignoranza di Cristo stesso».

Inno a Cristo.  Paolo ai cristiani di Filippi, capitolo 2

  Contemplatori  del volto di Cristo

 Il Papa indica che il programma "ripartire da Cristo" s'incentra, in ultima analisi, in Cristo stesso da conoscere amare imitare per vivere in Lui la Vita Trinitaria e trasformare con Lui la storia.
E' necessario mettere al centro della nostra vita e della nostra azione pastorale Gesù Cristo, crocifisso e risorto, centro vivo della nostra fede, per riscoprirlo, incontrarlo, ascoltarlo, seguirlo e poi annunciarlo ai nostri fratelli.
Sì, la premessa è "contemplare il volto di Cristo", e rifletterlo sul mondo "scommettendo" sulla carità, "facendoci carico di antiche e nuove povertà".
Certo le sfide dei nuovi percorsi sono in linea con le esigenze di quel "villaggio globale" che sempre più sarà il mondo.
Ve lo ripeto con le parole che il papa Benedetto XVI ha rivolto ai giovani convenuti alla GMG di Colonia: «Spalancate il vostro cuore a Dio, lasciatevi sorprendere da Cristo! Concedetegli il ‘diritto di parlarvi'. Aprite le porte della vostra libertà al suo amore misericordioso e alle necessità dei fratelli... Chi fa entrare Cristo nella propria vita non perde nulla, assolutamente nulla di ciò che rende la vita libera, bella e grande... Cristo porta tutto a perfezione, per la gloria di Dio, per la felicità degli uomini, per la salvezza del mondo".

 Accogliere le grandi domande e sfide d'oggi

 "Oggi, dice Benedetto XVI, dobbiamo fare i conti con gli ostacoli frapposti dal relativismo, da una cultura che mette Dio tra parentesi e che scoraggia ogni scelta davvero impegnativa e in particolare le scelte definitive, per privilegiare invece, nei diversi ambiti della vita, l'affermazione di se stessi e le soddisfazioni immediate."
Il fattore economia é una delle prime sfide per riflettere, nel mondo di oggi, principalmente dal punto di vista della Giustizia e Pace per la ricerca di una soluzione della drammatica questione della FAME.
Nell'aspetto politico la situazione socio economica attuale ci porta a capire che la meta delle lotte sociali non si raggiunge attraverso il cambio di governo, ma attraverso un processo di partecipazione sociopolitica che abbia come meta la trasformazione sociale.
In molti Paesi Poveri appaiono aspetti di un altro mondo possibile che sostituisce il socialismo: un mondo in cui ci stiano tutti perché in effetti tutti ci viviamo.
Questo mondo nuovo esige l'etica del rispetto della vita e del creato, se l'umanità vuole sopravvivere. È l'etica del mondo sostenibile.
Nella Chiesa si vive la necessità di un nuovo stile. Si avverte l'insufficienza della richiesta di perdono per gli errori del passato, che non porti a cambi strutturali nella Chiesa.
Ci sono molte questioni nuove ancora non maturate sufficientemente che non attendono orientamenti frettolosi o direttrici rigide, ma un tempo di riflessione e di ripensamento coraggioso.
Tutto ciò esige creatività, audacia e grande carità.
Il principio che ci deve orientare in tutto il processo è la speranza in Cristo, che porta con sé le due sorelle, fede e carità e cerca di scoprire gli orizzonti dell'utopia e le grandi prospettive escatologiche della creazione.
Qualcuno di noi forse, a questo punto,  è tentato di sentirsi troppo piccolo di fronte a queste grandi e inquietanti domande.
Ebbene, sarà il caso di prendere subito coscienza di questa nostra piccolezza, di assumerla. "Se non vi convertirete e non diventerete come bambini, non entrerete nel Regno" (Mt 18,3). L'infanzia del Regno non culla immaturità e infantilismo ma promuove il pieno fiducioso affidamento alla realtà dell'Alleanza che sostanzialmente è Dio-con-noi, Dio-con-me, con te che stai leggendo; Dio che in Gesù, qui e ora mi chiama a vivere gioiosamente la mia specifica, personale vocazione cristiana con Lui, inserendomi con rinnovata fiducia nell'Alleanza stabilita da Dio.

I segni dei tempi.  Luca, capitoli 12 e 13

54 Gesù diceva ancora alla gente: «Quando vedete una nuvola che sale da ponente, voi dite subito: "Presto pioverà", e così avviene.

55 Quando invece sentite lo scirocco, dite: "Farà caldo", e così accade.

56 Ipocriti! Siete capaci di capire l'aspetto del cielo e della terra, e allora come mai non sapete capire quel che accade in questo tempo?

57 «Perché non giudicate da soli ciò che è giusto fare?

58 Quando vai con il tuo avversario dal giudice, cerca di trovare un accordo con lui mentre siete ancora tutti e due per strada, perché il tuo avversario può trascinarti davanti al giudice, il giudice può consegnarti alle guardie e le guardie possono gettarti in prigione.

59 Ti assicuro che non uscirai fino a quando non avrai pagato anche l'ultimo spicciolo».

 CAPITOLO 13

1 In quel momento si presentarono a Gesù alcuni uomini per riferirgli il fatto di quei Galilei che Pilato aveva fatto uccidere mentre stavano offrendo i loro sacrifici.

2 Gesù disse loro: «Pensate voi che quei Galilei siano stati massacrati in questa maniera perché erano più peccatori di tutti gli altri Galilei?

3 Vi assicuro che non è vero: anzi, se non cambierete vita, finirete tutti allo stesso modo.

4 E quei diciotto che morirono schiacciati sotto la torre di Siloe, pensate voi che fossero più colpevoli di tutti gli altri abitanti di Gerusalemme?

5 Vi assicuro che non è vero: anzi, se non cambierete vita, finirete tutti allo stesso modo».

 formarsi alla cittadinanza evangelica

 Noi viviamo in un mondo sempre più attraversato e vertiginosamente spinto da fenomeni di globalizzazione dove gli egoismi più sfrenati tendono a penalizzare sempre più i poveri. Non possiamo dunque ormai sottrarci  alla sfida di vivere noi e di far vivere ai giovani la vera rivoluzione cristiana.
Essa consiste nel diventare "coscienza critica della storia" ma in ordine a un nuovo tipo di cittadinanza responsabile dove "le beatitudini del regno costituiscono la carta dei diritti e dei doveri di ogni cittadino cristiano"
Ecco, ora lo Spirito ha spinto Giovanni Paolo II a proclamare la necessità di fondare ogni iniziativa anche di tipo sociale nelle profondità della contemplazione e della spiritualità di comunione.
Allora, i giovani stessi prenderanno a essere, di fatto, rinnovata cittadinanza evangelica: quella cittadinanza che, sola, può dare una svolta di vita alla storia percorsa, oggi, da tanti segni di morte
Quando Don Bosco diceva che la nostra opera educativa è "formare buoni cristiani e onesti cittadini" ci consegnava un "seme" fecondo. Lui stesso ne era consapevole scrivendo: "Voi compirete l'opera che io comincio, voi stenderete i colori. Ora c'è solo il germe."

 Pressante appello alla Lectio Divina

 La globalizzazione riduce il mondo ad un piccolo villaggio, in cui sembrano prevalere violenza e terrorismo. Il secolarismo rischia di far coincidere l'etica con le richieste collettive e di convincere l'uomo del fatto che non occorre rivolgersi a Dio per spiegare il senso della vita. I giovani sono frustrati nei sogni e disincantati nella fede. È una fotografia amara della società che può cambiare grazie alla Parola di Dio, che crea la civiltà del bene e dell'amore e che dà un codice di vita all'uomo moderno. Annunciare la Buona Novella, allora è il modo per salvare il mondo e per accendere i cuori della gente.
Si tratta dunque di passare decisamente a conoscere e praticare il metodo della Parola pregata che plasma a vita nuova, dentro un processo di conversione quotidiana permanente.
E' l'antico metodo della Lectio divina, da conoscere  e assumere nelle sue linee semplici e inequivocabili. La lectio divina consiste nella lettura sapiente e personale della sacra Scrittura in spirito di preghiera e di fede con cui si vuole assimilare la Parola di Dio per aprire il cuore alla preghiera e alla contemplazione viva.
Dice il Cardinale Carlo Maria Martin: "La Lectio Divina, lettura meditativa e orante della Sacra Scrittura in particolare dei Vangeli, va fatta da ciascun cristiano che abbia un minimo di cultura di base e intenda percorrere un cammino spirituale serio (...). Io non mi stancherò di ripetere che è uno dei mezzi principali con cui Dio vuole salvare il nostro mondo occidentale dalla rovina morale che incombe su  di esso per l'indifferenza e per la paura di credere" (Itinerari educativi, Milano 1988, pag. 63).
Ma è l'ancor più autorevole voce della Chiesa nel Concilio Vaticano II a dire: "Il santo Sinodo esorta con ardore e con insistenza tutti i fedeli ad apprendere la sublime conoscenza di Cristo Gesù (Fil 3,8) con la frequente lettura della divina Scrittura" (DV 25).

 2. La sorgente

 "Se tu conoscessi il dono di Dio: ...l'acqua viva"

La Bibbia è assolutamente diversa da qualsiasi altro libro. E' un insieme di 73 libri (46 dell'Antico Testamento e 27 del Nuovo) che sono stati redatti nell'arco di oltre mille anni: dal 1000 circa a. al 100 circa d.C.. Molti libri sono anonimi. Di altri si conosce l'autore umano, ma per leggere pregare e vivere la Bibbia (a questo siamo chiamati mediante la Lectio Divina) bisogna credere che l'autore vero, il più importante, è lo Spirito Santo.
L'esercizio della Lectio Divina esige anzitutto questa partenza di fede. La Parola di Dio ch'io contatto nella Bibbia mi espone il filo degli eventi salvifici e la storia di personaggi che da Adamo a Giuseppe di Nazareth sono coinvolti con l'evento fondamentale che è Cristo Salvezza.
La conoscenza però di questi fatti e di questi personaggi, nel loro ordine e collegamento di fondo, mi è senz'altro utile, in qualche misura indispensabile. Ma l'avventurarmi a familiarizzare con la Parola di Dio nella Lectio Divina è ben di più.
E' come quando, per recarmi in escursione sulle Alpi o sulle Ande, voglio conoscere bene i percorsi e la meta.

Vocazione di Abramo. Genesi, capitolo 12

Certo, mi serve vedere su un atlante i sentieri da battere e conoscere bene le nozioni geografiche che fanno al caso mio. Però è l'entrare con tutto me stesso in quei percorsi, è il battere quelle strade con entusiasmo e con determinazione, è il raggiungere la meta che mi riempie di gioia attraverso l'esperienza viva.

 Vedere con gli occhi del cuore, sperimentare "l'acqua viva"

 C'è invece un leggere meditare pregare contemplare la Parola: si tratta della Lectio Divina.
Mediante la Lectio Divina davvero noi ci accostiamo a Cristo, il rivelatore di tutto  l'Amore del Padre. Ci accostiamo a Lui perchè, come dice S. Agostino,  tutta la Bibbia è "la bocca di Cristo"; siamo così da Lui introdotti nella nostra vera casa, al convito dell'Amore Trinitario.
E' questa l'esperienza viva del vedere con "gli occhi del cuore" quelle realtà a cui mi conduce lo Spirito di Dio attraverso i vari testi biblici. E' questo il percepire, dentro il solco del proprio vivere, l'acqua viva, il misterioso dono, il fluire di un Amore che è da Dio-Amore e che all'Amore mi unisce.
Sì, è lo scorrere di un'acqua sapienziale, che mi permette d'interpretare e vivere con pienezza il mio cammino cristiano.

La samaritana al pozzo.  Giovanni, cap 4

L'esperienza riguarda anzitutto la sublime conoscenza della Persona di Gesù: "Chiedo al Padre di far abitare Cristo nei vostri cuori, per mezzo della fede. A lui chiedo che siate saldamente radicati e stabilmente fondati nell'amore. Così voi, insieme con tutto il popolo di Dio, potrete conoscere le infinite dimensioni dell'amore di Cristo (che è più grande di ogni conoscenza), e sarete pieni di tutta la ricchezza di Dio." (Ef 3,17-19).
Solo attraverso questo percorso dove lettura meditazione preghiera e contemplazione si succedono strettamente unite e a un certo punto si amalgamano, noi realizziamo il contatto vivo con "l'acqua della Vita".
Sperimentiamo così  che l'Alleanza è una cosa sola con i nostri più segreti (a volte dolorosi, ma sempre intensi e ricchi) percorsi esistenziali.
Solo la Parola, dentro cui entriamo vitalmente, riesce a colmare l'infinita fame e sete del cuore e a illuminarne le vicende.
Diversamente sperimentiamo ciò che afferma H. V. Balthasar: "Si muore di fame d'amore, perchè è stato sottratto l'Amore".

 3. Partire equipaggiati

 Stiamo ancora all'esempio dell'affrontare un'escursione sulle Alpi o sulle Ande o su non so quale altra bella montagna.
Consultato l'atlante o meglio la cartina topografica, preparo lo zaino. Non dev'essere ingombro di cose inutili, pesanti. C'infilo ciò che è indispensabile: la bussola, la giacca a vento, del buon pane, una borraccia con acqua, qualche zuccherino con una boccetta di liquore.

 La bussola è la fede

La bussola è una fede viva, che orienta il percorso del mio leggere, meditare, pregare e contemplare.
E' vero: la Lectio Divina è proprio fatta per ravvivare in me, giorno dietro giorno, il dono del  mio battesimo entrando sempre più in familiarità con la Parola di Dio pregata nella Lectio Divina, celebrata nell'Eucarestia.
D'altro canto però la fede mi serve a partire bene, ad essere subito orientata come quando ho la mia brava bussola in mano. Si tratta cioè d'inoltrarmi nel leggere la Parola con la convinzione della fede che mi avverte: Inizi a contattare la Parola di Dio? Ebbene, stai per contattare il Signore: la sua ottica il suo mondo il suo amore. La fede poi mi avverte che la Tradizione e il Magistero della Chiesa sono le tracce entro le quali io riesco a interpretare la Parola di Dio.

La Parola e la fede. Paolo ai Romani, capit. 10

 L'umiltà di cuore: giacca a vento contro il vento dell'orgoglio e... generi affini

 Perchè nello zaino ho messo la giacca a vento? Perchè devo coprirmi e impermeabilizzarmi, per così dire, alle correnti gelide dei venti che soffiano in montagna.
L'impermeabilizzarmi è anzitutto l'umiltà di cuore, "Imparate da me che sono mite ed umile di cuore!".  Dice Gesù. Ecco il segreto della bontà di cuore: l'umiltà, ossia il riconoscere la propria piccolezza davanti a Dio, "farsi piccoli", dare la propria disponibilità a tutti, senza interesse alcuno. "In questo senso anche Dio é umile!".   Senza questa umiltà di cuore posso imparare a memoria chissà quanta Parola di Dio e sbandierarla a destra e a sinistra ma senza mai penetrarvi vitalmente. Scrive Cassiano, un maestro spirituale del primo millennio: "Se volete giungere alla vera scienza delle Scritture, affrettatevi innanzitutto ad acquisire un'incrollabile umiltà di cuore".
Nessun vento, infatti, è tanto gelido e micidiale quanto il vento della superbia, della presunzione, della vanità, di quell'autosufficienza che, soprattutto oggi dentro un mondo sempre più secolarizzato, mi tenta o a negare la mia povertà creaturale e miseria oppure, dopo averla scoperta, a scoraggiarmi e deprimermi.

 La fede e le opere. Giacomo, capitolo 2

 L'umiltà è come una calda giacca a vento: mi difende sia dagli assalti dei venti dell'orgoglio, sia da quelli, non meno perniciosi, dello scoraggiamento che spinge oggi spesso fino alla depressione.

  Nello zaino: purezza del cuore

Un'altra avvertenza: lo zaino è l'immagine del cuore. Ho detto che dev'essere leggero. Via i pesi inutili! Se mentre parto mi accorgo che qualcuno ci ha infilato cianfrusaglie, mi affretto a togliere tutto. Sì, partire per la Lectio Divina vuol dire chiedere allo Spirito la purezza del cuore.
Se ho il cuore ingombro d'immagini televisive perchè mi sono inutilmente attardato davanti al teleschermo; se ho il cuore rumoroso per inutili ciance che ho nei ripostigli poco puliti della mia mente dispersiva, non riesco a percorrere le tappe della Lectio Divina. Eppure quel leggere meditare pregare e contemplare sono proprio fatti apposta per colmare il mio cuore con le cose..."giuste giuste" di cui ho estrema fame e sete.
Certo, la Lectio Divina è essa stessa un cammino di purificazione, perché m'introduce nell'ambiente di Dio, mi permette di familiarizzare sempre più coi pensieri e i sentimenti di Gesù, strappandomi a quelli troppo terreni.

 Il pane e l'acqua viva: la Sacra Scrittura

 Veniamo al pane e alla borraccia dell'acqua da infilare nello zaino. Credo che sia proprio la Sacra Scrittura stessa! Non sto a sottolineare che mi occorre una buona edizione della Bibbia, o almeno del Nuovo Testamento.
Chiedo dunque allo Spirito la persuasione profonda che non mi basta il Pane e il Vino dell'Eucarestia: è indispensabile alla mia vita il pane e l'acqua della Parola pregata quotidianamente.
Si tratta di una persuasione di fondo: calda e viva, che esprimo qui con le parole di un appassionato della Parola pregata: S. Gerolamo. Egli scrive: "Poichè la carne di Cristo è vero cibo e il suo sangue è vera bevanda, il vero unico bene, nella vita presente, è mangiare questa carne e bere questo sangue, non soltanto nel mistero dell'altare, ma anche nella lettura della Scrittura" (Girolamo, Com. in Eccles,3).

 E gli zuccherini con la boccetta di liquore?

Ebbene, io credo che siano pure importanti per capire dove sto andando e a far che, sulla montagna della Lectio Divina. Quando Isacco di Ninive scrive: "Abbi sete di Gesù perchè Egli ti inebrii con il  suo amore", mi fa chiarezza circa l'importanza di avvicinarsi alla Parola con tutta la passione del cuore perchè, quando è la grazia  a provocarla, la "divina ebbrezza dello Spirito" mi tocchi in profondità. "Gustate e vedete - dice il salmista- quanto è soave il Signore" (Sl 34,9). C'è un "gustare" profondo dove è anche la mia affettività a essere appagata.
Zuccherini e liquore, fuor di metafora, sono questo pieno coinvolgimento della persona in un dono d'amore concreto in cui l'essere viene appagato dentro una gioia spirituale che non permette al cuore i ristagni della depressione e delle tristezze.
Credo che, al termine di queste premesse, vada ancora messo in fuga un pregiudizio che facilmente si annida in noi. La Lectio Divina - si dice a volte - è un esercizio spirituale molto bello ma per gente che ha una conoscenza approfondita della Bibbia. A chiudermi la bocca è un Dottore della Chiesa. Dice S. Gregorio Magno: "La Parola divina è in grado di mettere alla prova  le persone colte e, spesso, di riconfortare quelle semplici con lezioni chiare. Nel suo senso più manifesto presenta ciò che può nutrire i più piccoli; nelle sue profondità custodisce ciò che può avvincere gli spiriti  più elevati. Si può azzardare il confronto con un fiume dalle acque ora guadabili, ora profonde, tale che un agnello possa guadarvi e un elefante nuotarvi".

 4. Condizioni per realizzare la Lectio Divina

 Io, il corpo e il pregare la Parola

 Si fa Lectio Divina anche col proprio corpo. Non sembri assurda quest'affermazione: Sono spirito incarnato non un'anima "imbottigliata" in un corpo! Accolgo dunque la Parola dentro questa precisa identità.
Anche la posizione del corpo ha la sua importanza. L'esperienza millenaria dice che è conveniente stare seduti, con la schiena dritta ma non rigida, i piedi ben appoggiati a terra e, durante la preparazione, stare ad occhi socchiusi.
Ci sono facili esercizi di rilassamento da non trascurare, per ovviare a quelle tensioni nervose che, per le caratteristiche della società in cui siamo immersi, anche senza accorgerci portiamo con noi ovunque, anche quando ci accingiamo a pregare.
Un corpo teso di solito va di pari passo con una mente perturbata: difficilmente riesce ad entrare in un clima di silenzio e di ascolto.
Un corpo rilassato, invece,  sostiene uno spirito più facilmente sereno aperto e disponibile, che facilita l'approccio alla Parola.

Elia al monte Oreb.  1 Re, capitolo 19

 Come concretamente mi rilasso?

 Ponendo attenzione a quell'elemento importantissimo che è il mio respiro. Proprio entrando nella consapevolezza del mio respiro col suo ritmo in cui si alternano inspirazione ed espirazione, io mi rilasso, acquisto equilibrio, entro in quella profonda calma, senza la quale diventa un inutile sforzo l'ascolto della Parola.
Mentre mi rendo consapevole della mia inspirazione, posso ricordare quella parola di San Paolo all'Areopago di Atene: "In Dio ci muoviamo, respiriamo e siamo" (At 17,28). Prendo così coscienza che è il misterioso soffio di Dio quello che mi vivifica e mi tiene in vita ad ogni inspirazione.
Prendendo poi consapevolezza della espirazione, posso ricordare quell'altra Parola di Dio: "Nell'abbandono fiducioso è la nostra forza" (Is 30,15). Posso così espirare (buttar fuori) da me e consegnare al Signore con fiducioso abbandono non solo l'anidride carbonica del mio corpo, ma ogni mia preoccupazione, angoscia, turbamento, negatività in genere.
Imparare a respirare bene alla Presenza del Dio Vivente. Inspirare Lui ed espirare la mia fragilità e finitezza, consegnando tutto al suo essere Amore: questa è una premessa molto importante
per un pregare che sia il sereno e libero partecipare di tutta la mia persona alla mensa della sua Parola.
Ecco un consiglio pratico da non sottovalutare. Prima di tutto, quando mi metto a pregare, faccio un breve esercizio di almeno dieci respirazioni, badando a convertire il corto ed errato respiro che viene dal torace in quello che viene dal diaframma e dall'addome: calmo, regolare, profondo.
Respirare bene nella consapevolezza (già orante!) che respiro in Dio-Amore è segreto di liberazione dall'affaticamento e insieme è condizione quasi indispensabile per fare efficacemente Lectio Divina. Non a caso scrive il Card. Martini: "Oggi, le applicazioni tecniche spingono l'uomo ad una attività produttiva sempre più frenetica (...) Così l'uomo, anziché costruirsi nel "fare" tende a diluirsi nell'"agitazione". Bisogna difendersene!
L'ambiente dove si fa il percorso del leggere meditare pregare e contemplare la Parola non può essere esposto al rumore. Il silenzio deve regnare sovrano. Bisogna però puntualizzare che non basta quello esterno a noi. Con l'aiuto dello Spirito bisogna liberarsi dal rumore interno, dal chiasso mentale, psichico.Credo che questo chiasso vada qui identificato nelle sue componenti.

 Chiasso interiore da perturbazioni varie e sua terapia

 C'è un chiasso, un disagio (che è poi incapacità a leggere con attenzione, e tanto più a meditare e a pregare) dovuto al mio mondo psicospirituale.Si tratta fondamentalmente di analizzarmi e controllarmi con quella mitezza e pazienza di cui parla S. Francesco di Sales.
Se vedo che nella mia vita giocano ricorrenti perturbazioni psicofisiche, ricorrerò senz'altro al medico, collaborando con la Provvidenza per vincere il male. Quando però avrò fatto tutto quello che dovevo fare, accetterò la mia situazione con serenità.
E' tutta la mia realtà, tutta la mia storia che sono chiamata ad accettare. Anzitutto il passato (forse con traumi, carenze affettive, errori educativi da parte della mia famiglia) e poi colpe mie e altrui che hanno inferto delle ferite in me e in altri.
La terapia concreta? E' ancora S. Francesco di Sales a invitarmi a fare come l'ape malata. Essa non si agita volando qua e là, ma si espone pienamente al sole. Sì, tutto quello che anche di più intimo oscuro e spiacevole mi riguarda, io lo guardo ora e lo accetto nel gran sole della misericordia di Dio.

 La vita e le preoccupazioni. Matteo, capitolo 6

Quanto ai miei errori li detesto, ma con la consapevolezza del pieno perdono del Signore, perchè "dove abbondò il peccato, proprio lì, sovrabbondò la grazia" (Rm 5,20). E' tanto importante uscire dalle pastoie dei sensi di colpa e d'infermità. Quante timidezze "malate" proprio in questo senso bloccano poi anche la mia azione pastorale!
Passo dunque dal senso di colpa al senso del peccato consegnato a Dio nel sacramento del perdono e infinitamente redento da Gesù-Amore. Passo dai sensi d'inferiorità e frustrazioni varie alla tranquilla consapevolezza del mio essere "a immagine e somiglianza di Dio" (Gn 1,27), "poco meno degli Angeli" (Sl 8,6).
E' col cuore rappacificato dall'abbraccio bendicente del Padre che "entro" nella Parola di Gesù per diventare ulteriormente una creatura di pace. Accetto la mia storia con tutto il mio passato, ma anche il presente con quelle condizioni che non sono quasi mai quelle "sognate".
Il genere di lavoro che mi faccio, le responsabilità, il tempo libero, soprattutto le persone con le quali in famiglia sono chiamato a cercare le cose del Regno: questo è concretamente ciò che va del tutto accettato nella mia vita.
Rifuggendo dall'ansia (tipica della nostra epoca), evitando di andare "in cerca di cose grandi, superiori alle mie forze" (Sl 130,1), entro nella calma del "bambino svezzato in braccio a sua madre" (ibidem). Perchè è col cuore che tende alla semplicità del bambino del Regno che io ricevo la grazia di potermi inoltrare nella Parola. Gesù lo ha detto: "Se non vi convertirete e non diventerete come bambini, non entrerete nel Regno" (Mt 18,4).

 Il mio "pregare la Parola" e gli altri

 Bisogna pur dire che, proprio nel momento in cui mi accingo a pregare e specialmente a pregare la Parola, è spesso il ricordo, la rappresentazione degli altri (familiari, colleghi, amici...) a fare da ingombro e rumore dentro di me.
Sono risentimenti o memoria viva di qualche contrasto, di qualche offesa non del tutto perdonata. Sono antipatie, forme di non-amore. E' tutto, proprio tutto materiale da incenerire che va consegnato preventivamente al Signore.
Un secondo modo con cui gli altri fanno ingombro in me è l'impalpabile ma vivo dispiacere di doni, talenti, virtù, capacità di riuscita, che loro hanno e forse non riscontro in me. E' un sottile ma pervadente disturbo psicospirituale da invidia: un male che è più vivo e in azione là dove la persona gioca a dissimularlo a se stessa. Ma appena io lo smaschero e lo consegno a Dio, è come se infilassi uno spillo in un pallone gonfiato che subito scoppia. Ecco: non c'è piu!
Un ultimo rumore e ingombro mi provoca il mio prossimo se qualcuno diventa troppo importante per la mia vita. Quando sto per pregare la Parola ne sono impedita proprio per il fatto che mi si affaccia di continuo il pensiero di quella persona. M'immagino di esserle accanto, tesso e ritesso colloqui mentali con lei, non sopporto che qualcuno sia amato o preferito da lui o da lei al posto mio. Ed ecco la serpe della gelosia i cui morsi mi fanno così male che non ho la pace sufficiente per pregare.
Ma anche questo male, se riconosciuto lealmente da chi lo soffre, perde la sua virulenza. Il bastone che mette in fuga questa serpe, anche qui è gridare con sincerità a Gesù: "Sono gelosa, liberamene per grazia!".
Qualcuno a questo punto potrebbe obiettare: ma da tutto questo non è il pregare la Parola che ci libera? Sì, il pregare quotidianamente la Parola è un'operazione sempre più liberante e anche rigenerante a fondo l'esistenza consegnata a Dio. Ma proprio a partire dalla Parola vedrò più chiaramente e sarò in grado di liberarmene.