di Piero Gavioli SDB
La situazione a Goma, 9-10 dicembre 2012
In attesa delle conclusioni dei negoziati di Kampala, tra RD Congo e M23, la situazione a Goma è tranquilla, ma non troppo. Ci sono movimenti di soldati da una parte come dall’altra. Abbiamo l’impressione che, se i negoziati falliscono, ci sarà di nuovo guerra. E Ngangi potrebbe essere vicino al fronte. Preghiamo e speriamo di no.
In questo clima incerto, con l’accordo degli organismi umanitari (HCR, OCHA, Unicef...), abbiamo deciso di aiutare gli sfollati a lasciare il Centro Don Bosco per permettere la ripresa della scuola e per evitare il propagarsi di epidemie (abbiamo avuto altri sette casi di colera, per il momento sotto controllo, con l’aiuto di Medici senza frontiere). Gli sfollati potevano scegliere sia di ritornare a casa nei loro villaggi – che sono ancora occupati dall’M23 -, sia di andare, in attesa di un clima più sicuro, nel campo profughi ufficiale di Mugunga, dove gli aiuti possono essere meglio coordinati.
Sulle 2000 famiglie recensite qui, 450 ci hanno detto che preferivano rientrare nei loro villaggi, anche a piedi se fosse necessario. Le altre hanno preferito aspettare e andare a Mugunga. A tutte le famiglie che lasciano il Centro Don Bosco diamo un telone, una stecca di sapone e un bidone per l’acqua. Il PAM (Programma Alimentare Mondiale) ha dato loro cibo per due settimane. Altre ONG promettono che passeranno nei villaggi di ritorno per un’assistenza ulteriore (in cibo, medicinali, aiuto per le spese scolastiche degli allievi...). I progetti migliori di riinserimento restano sospesi alle decisioni dei grandi: faranno ancora la guerra? Sapranno rinunciare ai loro interessi economici o di prestigio per permettere a questa povera gente di vivere in pace, magari in condizioni dure di povertà, ma in pace, a casa loro?
Oggi ricordiamo il 64° anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo. Alla base di tutti i diritti, c’è il diritto alla vita e alla pace. Quando sara riconosciuto e rispettato per tutti gli abitanti del Nord Kivu?
Ieri, domenica, il vescovo di Goma, Monsignor Théophile Kaboy, è venuto a celebrare la messa a Ngangi. Lo ha fatto per essere vicino agli sfollati, per dar loro un messaggio di speranza. Ho colto alcune delle sue parole che cito con grande libertà. La gente è stanca, ha detto. Perché ci deve essere guerra a Goma, sempre a Goma: che sia con l’AFDL (1996), con il CNDP (2008), con l’M23 (2012), è sempre la gente di Goma che ci va di mezzo. Mons. Kaboy ha citato il classico proverbio africano: quando due elefanti si battono, è l’erba che è calpestata. Ha ricordato la battuta di un giornalista, che già nel 1996 invitava i turisti ad andare in visita in inferno: “là non ci sono più diavoli, sono tutti a Goma”. Ultimamente, ha detto il vescovo, ha incontrato un uomo che ha perso nella guerra la moglie, i figli, i beni, tutto. Quest’uomo diceva: quando mi chiedono di pregare il Padre nostro, dico: Padre nostro che sei nei cieli, restaci, dato che ci hai abbandonato. Si potrebbe anche capire che gli adulti pagano per i loro peccati, ma perché i bambini devono soffrire, che cosa hanno fatto di male?
Il vescovo ha commentato allora le letture di questa seconda domenica di Avvento. Ha detto: ciò che sta capitando non è la volontà di Dio. Dio stesso, nel suo Figlio Gesù, ha sofferto a causa dell’ingiustizia. Gesù è stato ucciso come un bandito. Sulla croce ha gridato: Mio Dio, perché mi hai abbandonato? Ma poi ha detto: nelle tue mani rimetto il mio spirito. La nostra sofferenza di oggi è unita alla sua. Gesù non è stato abbandonato, è risorto. La sofferenza diventa un cammino di vita. La prima lettura della messa di oggi dice: Non scoraggiatevi, Dio si ricorda, Dio vi toglierà gli abiti di lutto per vestirvi di gioia.
Monsignor Kaboy ha concluso con due pensieri: preghiamo con fede, perché l’incontro di Kampala porti frutti di pace duratura, perché a Natale tutti gli sfollati siano di ritorno a casa loro. Ha detto che ha invitato i religiosi di clausura di tutto il mondo a pregare per Goma: ci sono più di 2000 monasteri che faranno la novena di Natale pregando per la pace nel Kivu. I cristiani di Goma si uniranno a questa preghiera.
L’altra conclusione: perché Goma ritrovi il sorriso di una volta, costruiamo insieme il Congo. Non lo si costruisce con la guerra, ma con la pace. La guerra continua: una guerra che fa molte vittime di cui non si parla. Molta gente continua a morire di fame, di malattia, di miseria. Il Signore ci chiederà: avevo fame, ero straniero, ero sfollato: cosa hai fatto per me? Questa guerra, contro la miseria, la fame, la malattia, possiamo vincerla, con l’aiuto del Signore che non ci dimentica e con l’aiuto dei cristiani di tutto il mondo che in questo momento pensano a noi.
Un segno di speranza: sono ormai una ventina i bambini che sono nati qui, in queste tre settimane. Alle mamme che me lo chiedevano, ho suggerito il nome dei nostri santi o dei santi del giorno: Maria , Andrea, Giovanni, Nicola, Francesca... Abbiamo bisogno della preghiera di tutti i santi per rimandare in inferno tutti i diavoli che circolano a Goma. Signore, pietà di Goma e dei suoi abitanti! Chiediamoglielo insieme, durante la prossima novena di Natale.
Goma, 10 dicembre 2012
Piero Gavioli
La situazione a Goma, 5 dicembre 2012
Il cessate il fuoco è stato rispettato, poco a poco la vita riprende il suo corso normale, i negozi e le banche cominciano a riaprire, gli alunni riprendono la strada della scuola, talvolta abbiamo l'elettricità. L’M23 è ancora vicino a Goma e al Centro Don Bosco. Non sappiamo se le trattative di Kampala arriveranno ad una soluzione duratura.
Ieri c'è stato un primo viaggio organizzato di ritorno: circa 600 persone, su 10 camion e 10 minibus. Progressivamente, tutti gli sfollati dovrebbero lascaire il Centro Don Bosco. La decisione di aiutare la gente a tornare a casa, nei villaggi d'origine, è stata presa dall'insieme delle ONG attive a Ngangi per parecchie ragioni:
- è il desiderio della stragrande maggioranza degli sfollati, espresso fin dall'inizio della loro presenza qui;
- la missione di valutazione del "cluster protection" dice che le zone del ritorno offrono condizioni sufficienti di sicurezza;
- il Centro Don Bosco non ha le risorse finanziarie e il personale per gestire a lungo una massa di 10.000 persone,
- le autorità ci chiedono di riprendere la scuola: abbiamo 3600 allievi, e abbiamo bisogno di tutti locali e dei cortili; abbiamo 75 orfani da 0 a 2 anni, e 250 inerni più grandi: vivere in promiscuità con gli sfollati può essere pericoloso (in caso di epidemia di colera o di altra malattia);
- gli sfollati ritornano volontariamente, nessuno è forzato a farlo,
- hanno ricevuto ciò che avevano richiesto: cibo per i primi giorni, un telone per ripararsi dalla pioggia, un bidone d'acqua, una stecca di sapone, e il trasporto fino a casa;
- non saranno abbandonati: il PAM promette di passare nei villaggi per la prossima distribuzione di cibo; l'Unicef e varie ONG assicurano il sostegno scolastico per quest'anno: riapertura di scuole, stipendio di insegnanti, distribuzione di oggetti scolastici, installazione di capannoni e fornitura di mobili (banchi)...; lo stesso per l'assistenza sanitaria...
Stamattina ho partecipato ad una riunione alla sede dell’HCR (Alto Commissariato Rifugiati) per vedere quale soluzione adottare. Visto che la situazione di sicurezza non è chiara dappertutto, si è chiesto di fare circolare le notizie perché gli sfollati - che sono soggetti di diritti - possano scegliere loro stessi ciò che è meglio per loro. Si vuole organizzare una missione "go and see" (va e vedi): alcuni rappresentanti degli sfollati di ogni villaggio principale saranno riportati a casa per vedere la situazione e poi ritorneranno per farne rapporto a quelli che restano. Tutto ciò richiede del tempo, ma permetterà agli sfollati di scegliere in conoscenza di causa.
Tutti sono d’accordo che gli sfollati lascino il Centro Don Bosco il più presto possibile, per permettere la ripresa dei corsi. Questa urgenza è stata accentuata dalla scoperta di un caso di colera: nella promiscuità attuale, la malattia potrebbe propagarsi molto velocemente.
Stamattina, il vescovo di Goma, Mgr Théophile Kaboy è venuto a rendere visita agli sfollati. Ritornerà domenica mattina per celebrare la messa per loro e per l'assemblea abituale dei fedeli di Ngangi.
Questo pomeriggio, al dispensario del Centro il Don Bosco, è nato un 13° bambino. Ogni bambino che viene al mondo ci dice che Dio non è ancora stanco degli uomini. Possiamo sperare.
Piero Gavioli
La situazione a Goma, 2 dicembre 2012
Da una settimana non mando comunicati.
La situazione sembra installarsi in una falsa tranquillità.
L’M23 ha promesso di ritirarsi da Goma. Infatti, si vedono camion carichi di militari partire verso il nord. Ma allo stesso tempo ogni giorno, ogni notte ci sono saccheggi, talvolta ci sono persone uccise, come se i miliziani dell’M23 volessero ritornare a casa con un bottino di guerra, fatto di denaro, di apparecchi elettronici, di abiti, di sedie… La Monusco è sempre qui, dichiara di nuovo la sua costosa neutralità.
Le notizie che vengono dell'interno del paese non sono rassicuranti.
Stamattina, un ragazzo che vive a Ngangi da alcuni mesi come aspirante alla vita salesiana, ha saputo che a Rutshuru, mercoledì scorso, uomini armati non identificati hanno assassinato un fratello maggiore, uno zio, una zia e quattro vicini. Perché? Lunedì scorso, tre uomini armati sono entrati nella casa di un'animatrice dell’oratorio di Ngangi, hanno detto a sua madre che erano stati pagati per ucciderla, hanno tirato, ma la mamma ha potuto scappare.
Ieri, uno studente in medicina che dà una mano al dispensario di Ngangi, mi diceva che una sua sorella di 11 anni è stata sequestrata da uomini armati vicino ad Uvira mentre andava ai campi con una zia.
L'hanno ritrovata dopo tre o quattro giorni. E’ stata violentata, è ancora sotto shock, non parla, dovrà essere operata per cercare di riparare gli organi intimi che sono stati forzati.
Sono tre episodi che ci toccano a causa delle persone che conosciamo, ma quanti altri uomini, donne e bambini stanno subendo la stessa passione. Perché?
Stiamo pagando anni di malgoverno.
Il Consiglio dell'Apostolato dei Laici Cattolici del Congo (CALCC), in una dichiarazione del 22 novembre scorso, scrive: " Il Consiglio dell'apostolato coglie questa occasione per ricordare agli attori e responsabili delle decisioni politiche che ciò che capita oggi alla Nazione è il frutto della loro irresponsabilità.
Il nostro paese è malato per il fatto che quelli che hanno la responsabilità ed il potere di badare al buon funzionamento delle Istituzioni e dunque alla protezione della Nazione, impediscono loro stessi l'esecuzione delle leggi e norme per soddisfare la loro sete di denaro e di piacere.
Una nazione di cui i dirigenti corrono dietro al denaro è consegnata all'ebbrezza della seduzione di Mammona. È ufficialmente corrotta e non ha avvenire ". Il documento è anche più esplicito quando afferma: "Tutti gli analisti seri pensano che la macchina del comando militare e politico del paese è bloccata volontariamente al vertice stesso dello stato.
Insomma, la Nazione congolese dubita della lealtà del Presidente della Repubblica accusato di voler far diversione".
Nel Nord Kivu, abbiamo la sensazione netta di essere abbandonati dal governo: chi ha delle armi - e ce ne sono molte in una regione in guerra da una ventina di anni - può fare ciò che vuole, con un'impunità quasi totale.
Che cosa fare? Siamo tentati da sentimenti di impotenza, di stanchezza, di rabbia anche, di compassione… Ma malgrado tutto, siamo abitati dalla volontà di fare qualcosa perché la vita possa aprirsi una strada attraverso il male e la cattiveria degli uomini.
A Ngangi, gli sfollati sono ancora molto numerosi: secondo l'ultimo censimento, ci sono 2180 “famiglie”; come capo famiglia ci sono 798 uomini e 1382 donne. I bambini sono 6016 di cui 2216 frequentavano la scuola elementare, 342 la scuola secondaria; ci sono 49 PVV (malati di AIDS) e 148 bambini non accompagnati.
Da due settimane, il Centro Don Bosco mette a loro disposizione i servizi essenziali:
- Le donne ed i bambini sono accolti nella grande sala e in due grandi tende allestite da Mercycorps all'entrata del Centro; gli uomini adulti si accampano sul campo di calcio, dove ci sono già le latrine (costruite da Oxfam) e dove si dovrebbero costruire dei capannoni. Abbiamo fatto questa separazione per servire meglio le categorie più deboli e per poter gestire una folla molto numerosa. Le aule scolastiche sono state liberate, nella speranza di una ripresa dei corsi.
- Il dispensario del Centro funziona a tempo pieno, con l'appoggio di 5 infermieri che l'ONG COOPI ha messo a nostra disposizione: ci sono in media 150 consultazioni al giorno. Abbiamo avuto una decina di parti: in tre casi si è dovuto trasportare la mamma alla maternità più vicina. Il servizio di igiene e di risanamento ha evitato la propagazione di malattie.
- Il CICR (Comitato Internazionale della Croce Rossa) e Mercycorps ci forniscono parecchie autobotti di acqua al giorno, senza contare quella che il Buon Dio ci manda del cielo: l'acqua piovana, molto abbondante in certi momenti, è raccolta da un sistema di grondaie e tubazioni che alimentano una grande cisterna semi-interrata, da dove l'acqua è purificata e distribuita in tutto il Centro. Abbiamo una consumazione quotidiana di circa 120.000 litri.
- Da tre giorni la SNEL (l’Enel locale) ha ripreso la distribuzione di elettricità, con ancora molte interruzioni, ma riusciamo almeno a ricaricare i telefoni ed i frigo.
- Il cibo degli sfollati è preso in carico dal PAM (Programma Alimentare Mondiale) che sta distribuendo una razione secca per dieci giorni. Abbiamo preparato un elenco degli sfollati del Centro, ma la lentezza della distribuzione e la mobilità delle persone fanno che si presentano ogni giorno figure nuove che chiedono di essere iscritte tra gli sfollati: è difficile sapere chi è un vero sfollato e chi bara per avere un po’ di cibo. Tutti gli abitanti di Goma hanno fame.
- Save the Children prende in carico i casi di malnutrizione severa, e ci fornisce medicinali (come pure altre ONG, tra cui Medici senza frontiere).
- Il ritorno degli sfollati nei loro villaggi di origine non è più così sicuro come qualche giorno fa.
La maggior parte delle persone ospitate al Centro dovrebbero ritornare verso il nord (Kibumba, Rugari Rutshuru…). Ma è proprio verso il nord che l’M23 si sta ritirando e riprendendo posizione : visto il comportamento delle milizie in città, la gente non si sente in sicurezza e preferisce aspettare che la situazione si stabilizzi.
Ciò può chiedere tempo: il Centro il Don Bosco che non è un campo di sfollati, ma una scuola, non ha le risorse umane e finanziarie per gestire a lungo 10.000 persone.
Se la scuola deve ricominciare, come ce lo chiedono, i nostri 3600 alunni non possono vivere nella promiscuità con gli spostati. Stiamo interrogando le organizzazioni internazionali (HCR, Unicef, Ocha…) perché assumano le loro responsabilità.
Riceviamo parecchi messaggi di sostegno da parte di amici di un po' dovunque. Alcuni ci chiedono se devono mandarci cibo, o medicinali, o vestiti… Rispondo negativamente: ciò di cui abbiamo bisogno, possiamo trovarlo qui. È meglio mandarci del denaro per un aiuto di emergenza ai più vulnerabili. Le banche di Goma sono ancora chiuse: per i soccorsi di emergenza è meglio versare il denaro sul conto aperto in Italia dal VIS (Volontariato Internazionale per lo Sviluppo). Il sito del VIS (www.volint.it) pubblica notizie e informazioni sulle iniziative prese in favore del Centro Don Bosco.
Ieri abbiamo celebrato in Congo la festa della Beata Suor Anuarite, una giovane religiosa uccisa ad Isiro nel 1964, all'epoca della ribellione dei Simba, perché rifiutava di diventare la moglie di un capo ribelle.
Abbiamo chiesto la sua intercessione perché il suo sacrificio - come quello di 5 o 6 milioni di persone morte a causa delle guerre di questi ultimi 20 anni – faccia nascere un avvenire di pace per la nostra regione.
Goma, 2 dicembre 2012
Piero Gavioli
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