di Padre Eric Meert SDB
Interventi rapidi
Tutti questi ragazzi hanno vissuto per un certo tempo sulla strada, ma contattati dagli operatori di strada, hanno accettato di entrare nella Comunità chiamata Centro Bakanja.
Qui I ragazzi trovano chi ascolta la loro storia e, quando è possibile, si ristabilisce il contatto con le famiglie e il ragazzo viene restituito alla famiglia.
Se il giovane è sulla strada per mancanza di mezzi finanziari per pagare per la scuola, può studiare gratuitamente in uno dei nostri numerosi centri scolastici nella città di Lubumbashi o nei dintorni, pur rimanendo in famiglia.
La situazione familiare
Tuttavia, alcuni giovani sono in realtà rifiutati dalle loro famiglie per vari motivi, come ad esempio famiglie di genitori separati che poi hanno formato nuove famiglie, un partner può rifiutare i figli del primo matrimonio, o il bambino è considerato un potenziale ladro. A volte le famiglie ritengono che il ragazzo abbia un carattere troppo difficile; il ragazzo stesso può essere effettivamente portatore di comportamenti devianti, e così viene considerato un portatore di malocchio tanto che viene definito con il termine "stregone" dalla sua stessa famiglia.
Quando questi giovani rifiutati esprimono il desiderio di lasciare la strada, noi li accogliamo anche a dormire e mangiare e ne assumiamo la piena responsabilità. Così in questo momento sono 355 tra ragazzi e ragazze che sono interne ai nostri centri per studiare e imparare un mestiere come saldatore, muratore, falegname, contadino, autista, sarta, cuoca, cameriere...
In centro alla città di Lubumbashi abbiamo un centro chiamato Bakanja-Ville che possiamo considerare la "porta d’entrata" dei ragazzi che vogliono abbandonare la strada. Anche se noi lavoriamo in rete e siamo tanti educatori, non sempre sappiamo prevedere il loro comportamento quando finalmente sono in grado di lasciare le nostre Comunità e rientrare nella vita sociale. E così di quando in quando, abbiamo la gioia di venire a conoscenza di episodi molto significativi.
Un episodio
Ecco il racconto di un Sacerdote che lavora in una stazione di missione nella foresta:
Una Domenica dopo la messa in parrocchia, un giovane già adulto lo aspettava con una busta in mano e gli dice:«Questo è un regalo per i poveri della parrocchia».
Il giovane si presentava ben vestito e all’apparenza di famiglia agiata. Un po’ sorpreso il Sacerdote lo ha interrogato per sapere in quali situazioni aveva conosciuto i poveri.
E il giovane gli rispose: «Io so cosa vuol dire essere poveri. Ero un ragazzo di strada di Lubumbashi e sono stato accolto dai Salesiani di Bakanja-Ville. Mi hanno dato la possibilità di lasciare la strada, di studiare al Centro Bakanja e di imparare un mestiere. E ora ho un lavoro qui nella miniera. Questa è una parte del mio primo stipendio che voglio condividere con i poveri di questa parrocchia».
Il Sacerdote, molto meravigliato, gli chiede: «Dimmi il tuo nome così posso raccontarlo ai Salesiani di Bakanja-Ville. '
«No, - disse il giovane – devi solo raccomandare loro di continuare ad accogliere i bambini di strada, ne vale la pena».
E vero che non sempre vediamo il risultato finale della nostra prima attività di accoglienza, ma questa storia ci dà la forza di continuare a lavorare con tutte le nostre forze e la nostra creatività per dare un futuro migliore a questi giovani.
La forza del Vangelo
La pagina di vangelo che più ci piace è quella di San Giovanni 5, 1-16 "Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina! “.
In un luogo in cui la regola del comportamento sembra essere “ognuno per sé”, è in attesa un uomo paralizzato da anni. E 'in grande difficoltà a causa dell’indifferenza che lo circonda e perché nessuno ha mai pensato di aiutarlo. Gesù si ferma. Il suo sguardo è attento ai poveri, ai giovani, agli emarginati, Posa gli occhi su di lui e e si fa carico della sua sofferenza.
"Alzati". Con la sua parola l’ha guarito, si raddrizza.
"Prendi il tuo lettuccio" Gesù non rimuove la storia di questo uomo, ma gli dà la forza di prendere questi anni e trasformarli in un ricordo doloroso.
"Cammina". Per il fatto che qualcuno si è fermato, lo ha guardato, lo ha amato... è diventato un uomo nuovo, può riprendere a camminare ed entrare nella vita.
Come Don Bosco
Il lavoro di Bakanja è questo. Noi fissiamo il nostro sguardo sul ragazzo che bussa alla porta e facciamo nostra la sua sofferenza. Con la nostra parola e la nostra amorevolezza lo mettiamo in grado di prendere in mano positivamente il suo lettuccio, il suo passato, anche se non possiamo cancellare la sua storia. Probabilmente ne porterà le conseguenze per tutta la vita. Ma per mezzo della nostra formazione, del nostra amore pastorale potrà camminare come un uomo nuovo verso un futuro migliore.
Siamo molto contenti di poter lavorare con questi giovani, sono gli stessi giovani con cui Don Bosco ha lavorato e per il quale ha dato la sua vita. E così, in questa missione in Congo, ci sentiamo privilegiati di poter dare la vita per questi ragazzi.