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Suor Maria Troncatti è beata

di B.S. Ottobre 2012

Una vita tutta dono
"Suor Maria attingeva alla fonte. E la fonte era Cristo. 
Per questo la sua spiritualità era strettamente congiunta ad una umanità ricca di amore e di comprensione, delicata e forte, tenera e schietta, limpida come cristallo, tale che solamente chi l’ha conosciuta e provata ne può misurare il fondo e ne sentirà per sempre il calore. Per lei fare il bene era rendere felici gli altri”.
Questa la testimonianza di un collaboratore.
Non ci stupiamo allora che, con tutta naturalezza e semplicità, lei abbia offerto la vita per la pace tra due gruppi umani che sentiva suoi: gli Shuar della selva amazzonica e i coloni. Offerta gradita a Dio.
Pochi giorni dopo, il 25 agosto 1969 cadeva il piccolo aereo che doveva portare lei e altre due suore agli Esercizi Spirituali a Quito: lei l’unica vittima.

Suor Maria nasce a Córteno Golgi (Brescia) il 16 febbraio 1883, in una famiglia numerosa, di grande fede e dall’operosità tipica della sua terra.
Conosce l’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice, e ne è attratta, attraverso la lettura del Bollettino Salesiano, che la maestra del paese le presta durante la quinta elementare, istituita in paese solo per lei, allieva intelligente e dal cuore aperto a grandi orizzonti.
A 16 anni confida alla sorella maggiore, Caterina, e al Parroco la sua volontà di andare ad annunciare il Vangelo in terre lontane.
Ne viene dissuasa (“non puoi fare del bene in paese?”) e attende la maggiore età. Allora più niente e nessuno la trattiene. Lascia, con lo strazio nel cuore, la famiglia, le sue montagne, i pascoli amati e giunge a Nizza Monferrato, allora centro dell’Istituto delle FMA.
È il 15 ottobre 1905. Incomincia il periodo di formazione, che le riserva notevoli difficoltà, soprattutto di salute. Il 17 settembre 1908 può pronunciare i voti religiosi.
Viene destinata alla comunità di Rosignano Monferrato (Alessandria), ma presto ricominciano i problemi: grave infezione ad una mano e poi il tifo. La trasportano all’infermeria di Nizza Monferrato. Lì arriva don Michele Rua (ora Beato), primo successore di don Bosco.«Vuoi guarire?»«Certo, per poter andare in missione».«Diciamo tre Ave Maria.
E adesso, se hai fede, alzati, va’ in cappella a ringraziare il Signore».Detto, fatto. Suor Maria guarisce, ma le energie sono ridotte. Viene allora inviata alla comunità di Varazze (Savona). Forse il clima può aiutarla. Si riprende bene, infatti, e rimane in quella comunità per dieci anni.

Ecuador!
Scoppia la prima guerra mondiale.
A suor Maria viene chiesto di frequentare un corso per infermiere e crocerossine attivato dal Comune. Non può sapere quanto quel corso le sarà prezioso!
E intanto viene incaricata della cura dei soldati feriti che arrivano all’Istituto FMA, dove il Comune ha requisito per loro quindici posti letto.
Esperienza provvidenziale per il suo futuro.
La guerra termina, ma per suor Maria non è ancora l’ora della partenza missionaria.
Da Varazze viene richiamata a Nizza Monferrato come infermiera. La notte del 13 marzo 1922, assiste un’educanda morente per polmonite doppia: «Marina, appena vedrai la Madonna, dille che mi ottenga da Gesù la grazia di andare tra i lebbrosi».«No, suor Maria, lei andrà missionaria in Ecuador».«Marina, non mi sono spiegata bene: tra i lebbrosi».«No, lei andrà in Ecuador».
All’alba del 14 marzo Marina muore. Pochi giorni dopo il funerale, la Madre Generale incontra suor Maria: «Tu hai fatto domanda missionaria, vero?»«Sì, Madre».«Bene, allora andrai in Ecuador…».
...
I luoghi della sua missione, che vede sempre coinvolta tutta la comunità, sono Macas, Sevilla Don Bosco, Sucúa.
Lì suor Maria evangelizza, più con la vita che con la parola. Lavora a stretto contatto con i Salesiani, mette su un ‘botiquín’, piccolo spaccio di farmaci, poi l’ambulatorio. Apre collegi per accogliere bambini rimasti orfani, ragazze madri cacciate dal clan con il loro bambino. È farmacista, dentista, anestesista, chirurgo.
Cerca in tutti i modi l’integrazione tra indigeni e coloni, propone un corso per infermiere in modo che ogni insediamento possa avere presenze competenti per le cure e lo attua grazie all’accoglienza del progetto da parte del Direttore Salesiano slovacco padre Juan Shutka; poi sogna un ospedale e lo ottiene e ne diventa la responsabile.
Si rende presente in ogni necessità, cura con i farmaci e insieme con la preghiera, ottenendo vere e proprie guarigioni miracolose.
Lo storico salesiano, don Antonio Guerriero, testimonia: “Va riconosciuto a suor Troncatti l’incomparabile merito di aver salvato, nel corso di molti anni, l’etnia Shuar da una possibile estinzione per la mortalità infantile dovuta a diverse cause.
Curava durante le frequenti epidemie, preparava molte missionarie a dirigere ospedali, dispensari medici, spacci di farmaci”.
Suo speciale obiettivo è sostenere i diritti dei più deboli: donne e bambini. Soprattutto le preme rendere le giovani donne consapevoli della propria dignità.
Grande traguardo è raggiunto quando a Macas si celebrano i primi matrimoni cristiani, per i quali gli sposi si sono reciprocamente scelti, sottraendosi alle imposizioni dei parenti.
La santità autentica si incarna nel quotidiano, è grande impegno nel mondo a favore della persona umana per avvicinarla a Dio.
Suor Maria ha lottato in modo pacifico per i più deboli, avvalendosi dell’autorevolezza che proviene dalla libertà evangelica, dalla purezza interiore e soprattutto dall’amore, giungendo, per amore, a dare la propria vita.

Messaggio di madre Yvonne
Accogliamo il dono della Beatificazione di suor Maria Troncatti come segno privilegiato dell’amore di Dio per l’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice e per tutta la Famiglia Salesiana.
La santità di famiglia onora tutti i gruppi che si rifanno alla spiritualità salesiana di don Bosco.
È stimolo a vivere con passione il carisma e a trasmetterlo alle giovani generazioni in un mondo pieno di sfide, ma anche ricco di segni di speranza.
Il traguardo della santità riconosciuta dalla Chiesa è dono straordinario della bontà di Dio, ma la misura alta della santità vissuta nel quotidiano è anche impegno di ciascuno di noi, come ci hanno insegnato don Bosco e madre Mazzarello.
Vogliamo risvegliare la passione per quella santità semplice ed esigente che è propria della nostra vita salesiana e, prima ancora, di una vita evangelica vissuta con coerenza e totalità di dono.
Nell’anno 140° della fondazione dell’Istituto mi sembra significativo che il Bollettino Salesiano ne riproponga la figura, accogliendo contributi diversi e complementari che la tratteggiano nella sua profonda umanità e carità pastorale.
L’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice, sulle orme dei Salesiani, ha solcato l’Oceano ad appena cinque anni dalla sua fondazione, inviando in terre lontane missionarie intrepide e felici di servire il Signore in mezzo ai più poveri, soprattutto i giovani, nello spirito di san Giovanni Bosco, interpretato al femminile da santa Maria Domenica Mazzarello e dalla prima comunità di Mornese.
Invito i lettori, in particolare le Figlie di Maria Ausiliatrice, a riscoprire la dimensione missionaria della vocazione salesiana.
Un rinnovato slancio missionario renderà certamente più vivo e luminoso il Da mihi animas cetera tolle.

Suor Yvonne Reungoat FMASuperiora Generale