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Missioni Salesiane: Ghana, poli magnetici tra Sunyani e Ashaiman

di Don Silvio Roggia, missionario salesiano, maestro dei novizi in Ghana

Carissimi tutti,
viva Yutong! Sono comodamente seduto sul sedile numero ventotto del bus made in China che tra breve da Sunyani parte alla volta di Accra, dove dovremmo arrivare verso le 3.30 di domani mattina.
Niente paura, non ho intenzione di tenervi compagnia per tutta la notte.
Dopo qualche chilometro spengono la luce... goodnight!

Vi ho pensato l’altra mattina durante la preghiera dei fedeli. Nicholas ha pregato per il Western World. Non ha niente a che fare con i caw boys e gli indiani. É un modo sintetico per indicare il mondo occidenatle (con Europa e Stati Uniti a capofila).
Non è la prima volta che una preghiera a favore dell’Occidente fa capolino  tra il variopinto florilegio di intenzioni dei nostri ragazzi.
Pregano perchè sanno che c’è crisi, come si vede dalla CNN.
Pregano per i poveri d’Europa e ancora più intensamente per la povera Europa o America quando arrivano segnali di grave povertà morale o spirituale.
Han pregato il giorno dopo aver sentito che Obama è adesso apertamente a favore di matrimoni tra persone dello stesso sesso: è una pista così lontana dall’anima africana...

Pregare per l’Europa, con un senso di compassione, dal cuore dell’Africa. Non può passare inosservato.
Qualcosa di profondo sta cambiando.

Noi visi pallidi siamo stati allevati dai TG per anni a guardare all’Africa con compassione, non sempre nel senso più evangelico e puro del termine. Abituati a misurare la distanza in fatto di PIL, accesso all’acqua potabile, dottori procapite... fino ad assuefarci a un senso di costante miseria ed emergenza, capaci di stupore solo quando c’è qualche soprassalto nei numeri, qualche cosa di esageratamente tragico che si evidenzia da uno sfondo costante di carestie, guerre, HIV pandemico.

L’Africa che prega per il Western World: viene il sospetto che il polo magnetico si stia invertendo. D’altra parte capita anche in natura (ci vuole un qualche miliardo d’anni per un inversione del polo magnetico terrestre che fa rovesciare Nord e Sud sulla bussola... ma succede). 

L’Africa è una zona calda nell’economia globale, con ritmi di crescita super accelerati in diversi paesi. L’Angola per esempio.
C’è un esodo di portoghesi verso la loro antica colonia, in cerca di lavoro. Una emigrazione al contario, con la fretta di arrivarci prima di essere troppo allo stretto visto che in Angola si conta già una popolazione di cinesi che supera il milione.
Non passa mese che impresari spagnoli non si mettano in contatto perfino con noi  missionari in Ghana, chiedendo consigli e aiuto nella ricerca di nuove opportunità per investire,  visto che il loro mercato ‘a casa’ è fermo. 
Non parliamo poi di Cina e India: il Yutong su cui sto viaggiando è un esempio. 95% dei pulman in Ghana sono made in China. Nuovi. Meglio dell’usato che prima arrivava dall’Europa.

Ma l’ecomomia non è l’unico termometro che può registrare in simultanea crisi da una parte e crescita dall’altra.

Un altro segnale di crisi occidentale che qui fa andare alta la ‘compassione’ verso il vecchio mondo è la crisi delle famiglie e delle nascite.
La settimana scorsa ho partecipato a una tre giorni su  credenze tradizionali africane e cristianesimo.
L’animatore principale era il nostro vescovo Matthew. A un certo punto ha detto con innocente schiettezza che mandare in crisi la famiglia è la strategia più efficace per distruggere una nazione. Manda in crisi la famiglia e da lì in poi è soltanto più questione di tempo: tutto il resto crolla insieme  con la famiglia.  
Dichiarazioni come questa rischiano di portare uno in tribunale là dove i ‘diritti’ individuali sono considerati dogmi intoccabili.
Ma qui  di intoccabile c’è l’apertura alla vita e il valore dei figli: famiglie senza figli o peggio ancora giovani generazioni che non son più in grado di formare nuove famiglie, qualunque sia la ragione che soffoca quella che è la vocazione naturale di uomo e donna fin dall’inizio della vita sulla terra: questo è considerato qui senza mezzi termini un suicidio collettivo, un cancellarsi da soli il futuro.
Fa pena, non solo compassione, per la giovane Africa vedere la vecchia Europa che va in diversi paesi verso la crescita zero (e sottozero!) e sembra non farsene neppure il problema, preoccupata com’è di garantire a qualunque costo gli sterili diritti della illimitata libertà individuale.

Beneddetto XVI, nella lettera enciclica che ci ha regalato il Novembre scorso, quando è venuto a Cotonu,  ha parlato dell’Africa come polmone spirituale della Chiesa e del mondo.  
Mentre premo i pulsanti di questa tastiera di laptop nel bel mezzo del Yutong c’è un giovane che ha preso la parola  e ha fatto pregare i passeggeri e li sta ora esortando citando la Bibbia nella lingua locale, il twi.
Non è affatto una cosa insolita. Qualunque mezzo pubblico, in qualunque angolo del West Africa: pregare quando si parte è la cosa più naturale e logica che si possa fare.
Tutti credono in Dio e tutti lo fanno esplicitamente, in audio-visivo, con canti, battimani, danze...  Pensate se mai qualcuno osasse fare una cosa simile sul pulman della Sadem che collega Torino a Malpensa (l’ultimo mezzo pubblico che ho preso in Italia).
Qual’è la terra di missione? Qui è una foresta vergine super lussurreggiante e multicolore nelle sue espressioni, con centinaia di denominazioni cristiane diverse: ma il fatto di credere è così palpabile che non si può non esserne contagiati.  
Che dire del Western World soprattutto europeo?
Fa bene Nicholas a pregare per l’evangelizzazione dell’Europa?

Riprendo a scrivere su un trotro che alle quattro e mezza del mattino mi porta dal centro di  Accra alla periferia, Ashaiman... Certo non è confortevole come il pulman della Sadem. Ma mi sento proprio  a casa mia, unico viso pallido tra  gli altri trenta passeggeri che vanno al lavoro (i più al porto di Tema). 
La mia fortuna è di essere in ogni caso in un buon campo magnetico. Se sia l’Africa a diventare locomotiva ce lo diranno forse i figli dei nostri pronipoti  (speriamo che nascano!). Nel frattempo facciamoci furbi e con umiltà lasciamoci trasformare il panorama dai cambiamenti che sono in corso. Lasciamo perdere l’antiquariato delle notizie televisive – sull’Africa i nostri TG sono proprio rimasti indietro, legati a modelli che altre reti televisive non made in Italy hanno superato da anni – e facciamoci affascinare dalla diretta che viene dal contatto personale con qualche amico ‘di colore’: vedere a colori in fondo è stato un bel passo avanti rispetto al ‘bianco e nero’ degli anni settanta.
Cambiare occhi, prospettiva, è molto più affascinante che passare dal digitale al tridimensionale per lo schermo della TV tra le quattro mura di casa. Invece del superpiatto meglio scegliere il superprofondo, che non si accontenta della superficie ma sa leggere dentro la vita di chi cammina nei vicoli di questo villaggio globale.
Gli occhi del tuo vicino africano sono la finestra migliore a cui affacciarsi. Il mio mi sta dicendo che siamo quasi arrivati al toll boot di Tema roundebout.
Tempo di scendere. Si sta facendo chiaro. Buon giorno!
Silvio