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Maria, Madre della Chiesa e Ausiliatrice dei Cristiani

di Don Pascual Chávez Villanueva, SDB

«Maria, Madre della Chiesa e Ausiliatrice dei Cristiani»

Non sono tempi facili questi che viviamo, ma non siamo soli.
Gesù ci ha lasciato come Madre sua propria Madre, che ci cura guida e protegge.

La Madonna infatti è stata per Don Bosco una presenza assai viva dal momento del “sogno dei nove anni”, nel quale Egli la accolse come madre e maestra sotto la cui disciplina si andò modellando il suo cuore di pastore dei giovani.


Egli era solito dire: «Non possiamo errare: è Maria che ci guida».
In lui erano radicate alcune chiare convinzioni.

  1. Che Maria gli era stata sempre vicina.
  1.  Che come «ispiratrice e guida», lo aveva accompagnato, con segni visibili di benevolenza e di protezione, nella fondazione e nello sviluppo della Congregazione, dell’Istituto delle FMA e di tutta la Famiglia salesiana. «Tutto è opera della Madonna», esclamava. Essa è «fondatrice e sostenitrice delle nostre opere», nostra «guida» sicura.
  1. Che come «madre e maestra» lo aveva sempre sostenuto con la stessa premurosa bontà,già manifestata nell’episodio di Cana (cf. Gv 2, 1-11).
  1. Che era stata Lei a guidarlo, passo dopo passo, ad elaborare un progetto educativo universalmente valido perla formazione della gioventù: il Sistema Preventivo (cf. Cost 20).

 

Maria nostro modello

A Maria noi ci riferiamo anche come “popolo in cammino”, come cristiani che ogni giorno affrontano il combattimento della vita cercando di interpretare la propria esistenza secondo il cuore di Dio.
In questo Maria ci è di grande aiuto e si propone a noi come modello da imitare. Vorrei qui richiamare alla vostra attenzione quattro lineamenti tipici che caratterizzano Maria come “Donna di Dio”.
Atteggiamenti che costituiscono la sua bellezza più vera e che noi siamo chiamati a coltivare ed imitare:

  1. la sua vita di fede, come capacità di apertura e di accoglienza della volontà di Dio, ben testimoniata nei vangeli, specialmente dall’Annunciazione;
  1. la sua sollecitudine per i bisognosi, coloro che proprio a causa della loro povertà o abbandono hanno più bisogno di sperimentare che Dio li ama, come Essa fece visitando sua cugina o stando attenta a quanto succedeva nel banchetto di Cana;
  1. la sua fedeltà nella prova, che è allo stesso tempo rivelazione che la salvezza si trova nella croce e partecipazione alla sofferenza, che Maria apprese e visse stando ai piedi della croce;
  1. la sua gioia per le meraviglie operate dal Padre , avendo constatato la fedeltà di Dio alle sue promesse e le meraviglie realizzate in noi e, per mezzo nostro, nei giovani, che Maria plasmò nel canto del ‘Magnificat’.


A cosa ci chiama Maria?

Il Vangelo di Cana così ricco di simboli e segni messianici è, oggi, un appello del tutto particolare per tutti noi, per sapere cosa dobbiamo fare nel momento storico che ci tocca vivere.

Il racconto evangelico ci presenta Maria che, da vera donna, piena di bontà, è attenta ai minimi dettagli, si rende conto della mancanza del vino e capisce che la gioia è a rischio.
Tutta la scena è ricolma di evocazioni bibliche cariche di simbolismo. Si deve ricordare che la salvezza è dipinta in più di un testo profetico come un banchetto abbondante di vini raffinati (cf. Is 25, 6), per un popolo privato del vino della felicità e della sapienza (cf. Is 55, 1-3), e che lo stesso Gesù riprenderà l’immagine in una parabola in cui paragonerà la felicità con la partecipazione al banchetto del Regno di Dio (cf. Mt 22, 1-10; Lc 14, 15-24).

Tuttora, la grandezza di Maria consiste – per l’evangelista – nella sua capacità di scoprire, assieme al disagio di quella coppia sprovvista, la presenza di Gesù e di orientare verso di Lui: «Fate quello che vi dirà» (v. 5).

A sua volta, Gesù – che prima aveva reagito un po’ duramente con sua madre – interviene e distribuisce effettivamente il “vino migliore” di quella felicità promessa per la fine dei tempi, come segno della pienezza della vita, della gioia e della felicità che lui ha portato al mondo.
Il vino nuovo dell’alleanza è l’amore, ma questo dipende dalla glorificazione finale del messia, da quella “ora” che, attraverso la morte, porterà a compimento il mistero della manifestazione definitiva di Dio: «Gesù, sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine» (Gv 13, 1).

Maria appare a Cana come credente e come generatrice di fede, come educatrice della fede dei discepoli in virtù della propria fede che l’ha portata a indurre Gesù a compiere segni che rivelano la presenza di Dio, la sua salvezza. Dice, infatti, il testo di Giovanni che, grazie al miracolo operato per sua intercessione, i discepoli credettero in lui.

Alla scuola di Cana, Maria ci insegna, da Madre e Maestra, quattro atteggiamenti importanti per la nostra vita di credenti:

In primo luogo, a condividere le vicissitudini degli uomini e delle donne. Nella sua semplicità, è eloquente la forma con cui comincia il racconto: “Ci fu uno sposalizio a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù”. Significa farsi solidali con le angosce e le tristezze, con le speranze e le gioie dei nostri contemporanei. Dunque nel momento presente non possiamo mantenerci indifferenti alla immane sofferenza o alle speranze di milioni di persone nel mondo.

In secondo luogo, a essere attenti ai bisogni degli altri, a vivere non incentrati su noi stessi ma sugli altri. Il fatto che venisse a mancare il vino e che Maria se ne preoccupasse: “La madre di Gesù gli disse: «Non hanno più vino»” è una prova della sua capacità di osservazione per notare quello che manca. Significa conoscere la realtà e le implicazioni: la mancanza di vino pone a rischio la continuità della festa e significa la fine della gioia. 

In terzo luogo, a scoprire la presenza di Gesù e a orientare verso di Lui, come l’unico che può rispondere ai nostri bisogni più profondi e ai problema esistenziali. Maria quasi sparisce dalla scena dopo aver detto ai servi: «Fate quello che vi dirà». Significa lasciare a Gesù il posto che gli corrisponde: è lui il messia, il Cristo, colui che fa abbondare il vino buono, il senso della vita e la sua pienezza nell’amore.

In quarto luogo, ad essere credenti e credibili, così che sia la nostra propria fede quella che rende possibile la fede di altri. Il testo di Giovanni mette una piccola nota che sembrerebbe meramente redazionale, ma che ha una forza catechistica: «Così Gesù diede inizio ai suoi miracoli in Cana di Galilea, manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui». Significa collaborare con la propria fede perché gli altri possano accedere alla fede.

Tutto questo è una chiamata, ancora una volta mediata da Maria, all’ascolto di Gesù: “Fate quello che Egli vi dirà”.
Ed è pure un invito ad essere noi stessi nel mondo il “vino nuovo” del Regno.

Tutti noi, cari fratelli e sorelle, che abbiamo avuto il dono di una formazione ed educazione ricca di valori autenticamente umani e cristiani, siamo  chiamati ad essere questo vino nuovo.
Persone nuove, capaci di propagare il bene che ha toccato e formato la vostra vita e far percepire la fede che illumina i vostri cuori. Così saremo,  se accoglieremo in noi il “modo di essere e di vivere di Maria”.

In questa festa di Maria Ausiliatrice vogliamo accogliere tutte le gioie e le speranze, le sofferenze e le angosce della umanità, e portarle all’altare e per intercessione della nostra Dolce Madre presentarle al suo Figlio, appunto come fece nelle nozze di Cana.

Maria è la donna che portandoci a Gesù ci rioffre poi al mondo, come il vino nuovo che porta la letizia, come testimoni nuovi della vita più vera e della gioia più profonda.