Share |

Articoli

torna all'elenco

La preghiera Salesiana: La preghiera del "dovere"

di Don Erino Leoni SDB

La spiritualità del quotidiano
“Noi facciamo consistere la santità nell’esatto compimento dei doveri quotidiani.”
Così Domenico Savio compendia in una prima battuta la Spiritualità, imparandola a Valdocco da don Bosco. Spiritualità che è comunione con Dio, preghiera fatta vita.
Così questo ragazzo di 15 anni è delineato da Don Bosco nella Biografia scritta a qualche anno dalla morte:
“Quante volte io l'osservai con quel suo sguardo rivolto al cielo, al cielo che sì presto doveva essere la sua dimora, raccogliere tutti i suoi sentimenti, e con quell'atto offrirli al Signore e alla Beatissima sua madre, con quella pienezza di affetti che appunto richiedono le recitate preghiere! E questi sentimenti, o amatissimi giovani, erano poi quelli, che animavano i suoi pensieri nel compiere ogni suo dovere, erano quelli, che santificavano ogni suo atto, ogni sua parola, che dirigevano tutta la sua vita interamente alla gloria di Dio.”
Domenico aveva fatto dell’istante presente il luogo della Sua preghiera. E il dovere quotidiano, il tempo della sua “adorazione”. Contrasto evidente. Perché noi pensiamo al “dovere”, come una costrizione, le cose che ci vengono richieste dal quotidiano come qualcosa contro la nostra libertà. Il nostro lavoro come un essere defraudati del nostro vivere, del nostro incontrare, del nostro pregare.

Pregare è creare
Don Bosco lo aveva imparato vivendolo e aveva insegnato ai suoi ragazzi che il lavoro, lo studio, l’impegno è opera di Dio, è preghiera. La prima preghiera che Dio ci ha insegnato è un opera meravigliosa: la creazione. Un capolavoro bellissimo costruito con le sue mani: il mondo e l’uomo. Noi frutto della preghiera / opera di Dio. Opera / dialogo / preghiera che continua in ogni istante e cerca collaboratori.
Così in ogni nostra azione, in ogni nostro impegno, in ogni nostro “dovere” è delineata una chiamata a partecipare a questa Sua opera. Ecco perché il lavoro diviene un canto, un dialogo d’amore, una preghiera - pur rimanendo faticosa, impegnativa, un dovere.
Ma se guardata da questo angolo divino allora si illumina di un significato diverso.
È preghiera, quando - il dovere - è fatto con Lui.
Come quando un amico lavora con te il sudore cade come rugiada e non acido accecante. E il tempo passa, si curano di più i dettagli, si riprende fiato in una pausa che non diventa fuga, ma gioia di portare a compimento qualcosa che è costruzione comune.
È preghiera, quando - il dovere - è fatto per Lui.

Non per dovere, ma per amore
Per un Amore che ha già dato in anticipo il salario, la ricompensa, il premio, il Suo paradiso, il Suo regno, la Sua Chiesa. È preghiera fiduciosa che nulla andrà perduto di quanto andremo seminando. Una preghiera che mette, la fatica e quanto ad essa è legato, nelle Sue mani contribuendo alla costruzione della città di Dio, anche quando i risultati non sono immediati.
È preghiera, quando - il proprio lavoro - edifica (costruzione, esempio, segno).
E così pone un tassello di bene alla costruzione della casa di Dio. È un esempio e un segno, un modello per coloro che sono tentati di fare il minimo per sopravvivere (e sono tanti), che buttano lì le cose (e la vita) “tanto sono da fare”, per coloro che guardano solo a sé ed al loro tornaconto (all’utile) ma che dopo poco sono… ancora insoddisfatti.
È preghiera, quando - il proprio lavoro – diventa offerta per alimentare le miniere del bene che nutrono il cuore della storia, del mondo, della chiesa. Offerta che ripara le tante ferite che abitano il cuore dell’uomo perché è amore che solo sana. Perché è dono che solo compensa i tanti furti e i tanti sfruttamenti che schiavizzano. Perché è gratuità contro una logica di mercato che schiaccia e rende l’altro, con il suo lavoro, una merce di puro scambio.

Laudato si, mi Signore!
È preghiera, quando - il proprio lavoro – benedice le possibilità che ci sono date per valorizzare intelligenza, forza fisica, relazioni. Benedice per le occasioni che sono fornite e fanno maturare ulteriormente. Benedice per i tanti mezzi, strumenti e risorse poste nelle nostre mani. Benedice perché la vita è colma di istanti che acquistano un senso, sono orientati ad un fine, sono consegnati alle mani potenti del primo dei lavoratori e suo massimo datore: Dio che porta a compimento ogni opera buona.
La preghiera allora non è più una parentesi, posta all’inizio della giornata e da chiudersi al suo tramonto ma è una vita che è abitata da Lui, orientata a Lui, vissuta con Lui e per questo da Lui trasformata.
Preghiera “del dovere”, che accoglie ciò che la vita ci riserva e che spesso non scegliamo ma ci viene dato come opportunità.
Preghiera “del dovere”, che non ha bisogno di tempi e di luoghi, perché ogni luogo ed ogni tempo, è Tempio della Sua gloria.
Preghiera “del dovere” che trasforma l’impegno da castigo meritato a causa del peccato originale (Gen 3, 17-19a) a luogo dove amare dando la vita, dove verificare le nostre intenzioni di bene, dove ci si gioca il tempo della semina che avrà il suo raccolto nell’eternità. Là raccoglieremo i frutti abbondanti seminati nel campo del tempo e irrigati con l’acqua della grazia che fa di ogni opera un’opera di… Dio, una preghiera.